Lesbo insegna: tutti virologi, in pochi umani

Abbiamo capito che per affrontare l'emergenza del virus che ha sconvolto le nostre vite bisogna lavarsi le mani. Non è stato detto che dobbiamo "lavarcene le mani" di fronte di drammi e tragedie

Migranti a Lesbo
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

2 Marzo 2020 - 17.34


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Profughi, bambino siriano morto durante lo sbarco a Lesbo: Lui dice: “E a nessuno importa nulla…”. E lei aggiunge: “L’umanità non è contagiosa…”.

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E’ la vignetta disegnata questa mattina da Vauro. Sintetizza quel che accade, riesce a tracciare la latitanza di moti dell’anima, forse della stessa anima. 

Abbiamo capito a sufficienza, insidiati nelle nostre certezze quotidiane, che per affrontare l’emergenza del virus che ha sconvolto le nostre vite intanto bisogna lavarsi le mani. Non è stato detto, aggiunto, che dobbiamo “lavarcene le mani”, voltarci e tenerci a distanza di fronte di drammi e tragedie che sono scritte da virus ben più insidiosi di quello con il quale facciamo i conti noi.

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C’è il virus antico, e che ritorna immortale, dell’ingiustizia profonda che divide uomini da uomini, assegnando con larghissima discrezionalità, categorie privilegiate agli uni e gironi infernali agli altri. C’è poi il virus dell’indifferenza, derivato da quell’altro virus che è l’egoismo. Virus che in questo momento uomini, donne e una infinità di bambini stanno affrontando nel mare Egeo o lungo tracciati disperati che dividono la Turchia dalla Grecia. Sullo sfondo, la Siria, ancora una volta la Siria, o meglio quel che resta della Siria, gettata su un tavolo verde di poker dove a giocarsi la posta sono i soliti, e in piedi, a guardare, solo a guardare, gelide comparse, anche blasonate e munite di vessillo.
Le notizie e le immagini che ci arrivano, passando da Tg che contano i secondi da assegnare a tragedie che sono immense, raccontano di un altro bambino morto a Lesbo, di uomini mascherati che danno l’assalto ad un gommone di disperati, che ne distruggono il motore, costringendo le famiglie in fuga ad usare le mani come pagaia. Ed ancora, dell’esasperazione degli abitanti di Lesbo che aggrediscono e picchiano quelli delle Ong, anche qui, come nel nostro Mediterraneo, rei di porgere una mano a chi rischia la vita. E poi, un fiume di umanità a premere sul confine. E dentro questo fiume, mille e mille storie che andrebbero raccontate, oltre i limiti di un angusto spazio dei Tg. C’è chi sa raccoglierle, non risponde invece chi dovrebbe mettere a disposizione di questo racconto uno spazio che ci permetta di conoscere e di capire.

Tutti virologi, in pochi umani.
Non credo che faremmo un torto alle nostre legittime preoccupazioni per il virus che stiamo provando a conoscere, controllare e sconfiggere, se una o più televisioni per una sera, lasciassero spazio a quella tragedia che si consuma per mare e per terra. Restare umani, recuperare una umanità smarrita, serve a combattere tutti i virus, più dell’amuchina.

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