Tragedia di Idlib: le maschere e la pandemia da Assadvirus
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Tragedia di Idlib: le maschere e la pandemia da Assadvirus

Sì, quelle mascherine sono l’immagine del futuro che stiamo scegliendo per noi stessi: un futuro di solitudine, di isolamento, di paura, di impossibilità a comunicare con gli altri.

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Riccardo Cristiano Modifica articolo

29 Febbraio 2020 - 09.30


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Per dire cosa stia accadendo nel nord ovest della Siria, a Idlib, bisogna partire dal fatto. Non tutti lo conosciamo con accuratezza. E la verità è che a Idlib, 3 milioni e 500mila civili circa in totale e un milione di esseri umani sfollati, tutti lì deportati da altre zone della Siria, vivono e muoiono da oltre un mese di stenti, o di freddo. Le Nazioni Unite, per il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, non hanno potuto aumentare i cosiddetti “corridoi umanitari” che sono così rimasti due. Due rivoli di pane, acqua e coperte per una popolazione pari a quella di Roma ma diffusa su un territorio enormemente più ampio: nel corso di questo mese questi sfollati sono stati già sfollati tre o quattro volte, fino ad arrivare a vivere per strada, sotto gli alberi. Le tende non bastano, non possono bastare. Per questo da un mese si rischia di morire di freddo, nel gelo di quelle alture al confine tra Siria e Turchia. Qualche bambino assiderato lo abbiamo visto grazie a rare fotografie. Rare, perché la stampa non può entrare a Idlib.

I sistematici bombardamenti russi e siriani prima degli ospedali e poi di scuole e asili nido, dieci solo tra martedì e mercoledì, hanno fatto sì che la maggioranza di questa umanità senza più nulla a sua disposizione siano bambini. Lo sterminio è dietro l’angolo. E potrebbe essere più ampio, visto che gli altri 2milioni e 500mila civili siriani potrebbero essere sfollati a causa dei bombardamenti nelle prossime ore e non avrebbero altra possibilità che raggiungere questi disperati, lì, al confine montuoso tra Siria e Turchia.

Se questo è il fatto, ora bisogna cercare di coglierne le conseguenze. E la prima conseguenza è che di questo, dopo settimane di assoluto silenzio, si è arrivati a parlarne ieri, per un motivo: la paura che costoro possano arrivare in Europa. La decisione del presidente turco Erdogan di spingere verso la Grecia alcune centinaia di profughi siriani ha fatto sì che di questa tragedia infatti si sia improvvisamente preso a parlare. Ma è molto improbabile che i profughi siriani che si sono incamminati verso la Grecia vengano da Idlib. Quel territorio siriano infatti è separato dalla Turchia da un muro che proprio Erdogan ha fatto costruire da anni, per evitare che altri siriani entrino in Turchia dopo che già 3milioni e 500mila di loro vi hanno già trovato riparo tanti anni fa. Dunque quei profughi appare molto più probabile che siano siriani che già vivono di stenti in Turchia, nonostante i lauti finanziamenti che la Turchia riceve dall’Europa per tenerli lì ed impedirgli di procedere, come sarebbe loro diritto, verso l’Europa dove chiedere asilo politico. Infatti sono perseguitati in patria dal regime di Assad e chiedere asilo dovrebbe essere un loro diritto.

Ora però Erdogan ha cominciato a spingerli verso l’Europa perché vuole costringere l’Unione a sostenerlo nel suo scontro con Russia e Siria. Dopo aver scelto di allearsi con i russi Erdogan teme di essere scaricato e di ritrovarsi con l’esercito siriano ai propri confini, pronto ad allearsi nuovamente, come fu anni fa, con i guerriglieri o terroristi del Pkk, cioè quei guerriglieri curdi turchi che vogliono combattere Ankara in Turchia. Non a caso proprio in queste ore l’opposizione “laica” turca, quella che ha sconfitto Erdogan alle recenti elezioni, ha sostenuto con convinzione la linea del presidente, chiedendogli immediate e più forti azioni militari in Siria. Anche i turchi, quelli che stanno con Erdogan o quelli che stanno contro di lui, non vogliono i siriani, né quelli che già sono in Turchia né quelli che potrebbero giungervi in un prossimo futuro.
Ma perché questi milioni di siriani non possono tornare o restare nel loro Paese? Perché Assad non li vuole. Il regime si ritiene in guerra con tutta la popolazione che ha osato protestare, si ritiene in guerra con chiunque sia figlio o parente di chi non appartiene a quelle tribù che gli sono sempre rimaste fedeli. Ecco perché 6 o 7 milioni di siriani in totale sono stati deportati dalla Siria o rinchiusi nella cava mortale di Idlib, ecco perché 2 dei 3,5 milioni di siriani che tremano a Idlib sono stati lì deportati da altre regioni della Siria in attesa della deportazione finale, o della morte. Sono dunque, su per giù, 10 milioni di siriani, più del 50 % della popolazione siriana, i siriani che per Assad non devono più mettere piede in Siria. A loro si aggiungono quelli che sono ufficialmente e ufficiosamente morti, cioè scomparsi: almeno un milione e mezzo di persone. Poi ci sono i detenuti nei lager siriani.
Erdogan è determinato a usare i siriani: sa che se aprire e chiudere il rubinetto del petrolio con l’Europa è un’arma importantissima in mano a chi controlla il petrolio, anche aprire o chiudere il rubinetto del flusso di profughi verso i nostri territori può essere un’arma vincente. E’ l’unica cosa che ci interessa. E’ l’unica cosa che può fare per portarci dalla sua parte. E intende usare questa pressione per convincere Putin a dargli quel che vuole: il controllo di parte della provincia di Idlib per evitare che curdi e i suoi nemici possano usare quei territori contro di lui.
In tutto questo resta da capire l’Europa. Siamo sicuri di aver fatto la scelta giusta? Vivere in un questo contesto, disinteressati da nove anni al destino di milioni e milioni di innocenti civili, renderà migliore il nostro futuro? Disinteressarsi alla morte per congelamento di miglia di bambini è una scelta saggia? Ci farà bene?
Quale odio e disprezzo creerà Idlib? Quale danno irreparabile provocherà nel profondo di milioni di persone che vivono intorno a noi e che sanno della nostra acquiescenza con lo sterminio? Ma non è questo il punto più urgente.
Il punto più urgente è capire se questa notte dovremo andare anche a dormire con la mascherina anti Coronavirus. Sì, quelle mascherine sono l’immagine del futuro che stiamo scegliendo per noi stessi: un futuro di solitudine, di isolamento, di paura, di impossibilità a comunicare con gli altri. Chiusi dietro le nostre mascherine restiamo isolati, soli con i nostri video giochi, i nostri amici virtuali, forse anche il sesso virtuale. Fino a quando anche i virus non saranno trasmessi dal telefonino?
Così non ci siamo accorti che il vero pericolo è l’Assadvirus. Un virus fatto della morte di chiunque non ripeta quel che hanno deciso che si debba ripetere, che ci obbliga a essere tutti contro tutti gli altri, con ferocia ed entusiasmo. Un virus che da nove anni si espande in tutto il Mediterraneo e che renderà davvero irrespirabile l’area di tutto il nostro bacino, quello che fu il Mare Nostrum e che è sempre di più il Mare Mostrum.

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