Il Memorandum della vergogna sulla Libia è prorogato
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Il Memorandum della vergogna sulla Libia è prorogato

Ong e organizzazioni umanitarie si ribellano: “Va oltre ogni comprensione il fatto che, nonostante le prove delle sofferenze causate da questo orribile accordo"

Migranti in Libia
Migranti in Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Febbraio 2020 - 19.31


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Le promesse di modifica sono rimaste tali. Promesse da marinaio. Le rassicurazioni di modifica del Governo (da Conte a Di Maio alla ministra degli Inteni Lamorgese) si sono rivelate, alla prova dei fatti, una presa in giro. Oggi, 2 Febbraio 2020, è una data da segnare in rosso. Rosso vergogna. Perché il “Memorandum” Italia-Libia sui migranti rientra in vigore, senza alcuna modifica. Globalist ha già dato ampio conto della sollevazione di Ong e organizzazioni umanitarie. Una rivolta che prosegue: “Va oltre ogni comprensione il fatto che, nonostante le prove delle sofferenze causate da questo orribile accordo e a dispetto dell’escalation del conflitto in Libia, l’Italia sia pronta a rinnovare il memorandum. Invece, l’Italia dovrebbe pretendere dalla Libia il rilascio di tutti i migranti e i rifugiati che si trovano nei centri di detenzione e la chiusura di questi centri una volta per tutte”, dichiara Amnesty International.

Promesse inevase

“Non possiamo più farci condizionare dallo scenario di guerra e le tensioni che anche in queste ore si presentano in Libia, scegliendo il ricatto di Al Sarraj che non accetta condizioni basilari e pretende il rinnovo del Memorandum così come è”, gli fa eco Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle Ong Italiane (Aoi). Se il Governo italiano accetterà di firmare l’accordo senza alcuna reale discontinuità con il precedente, avendo certezza delle inenarrabili violenze di cui la Libia è protagonista, metterà in discussione la sua stessa adesione alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite”.

“Consideriamo inaccettabile per l’Italia rinnovare gli accordi con un Paese dove permangono e si sono acutizzate, a causa dell’escalation del conflitto, continue violazioni dei diritti umani e dei diritti dell’infanzia” aggiunge Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children. “Non è possibile rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo. L’Italia metta il tema del rispetto dei diritti umani al centro delle proprie priorità e ne faccia il faro nella valutazione rispetto a tali accordi, che andrebbero immediatamente sospesi”.

Ora, dopo la chiusura del centro di Tripoli dell’Unchr la Commissaria del Consiglio d’Europa per i diritti umani, Dunja Mijatovic, ha chiesto al Governo italiano di sospendere la collaborazione con la cosiddetta guardia costiera libica. Ed è proprio quello che “le associazioni chiedono da mesi – ricorda Filippo Miraglia dell’Arci Immigrazione – per fermare una palese violazione dell’art.33 della Convenzione di Ginevra, che vieta i respingimenti verso Paesi non sicuri come la Libia. Come testimoniano i verbali di proscioglimento dei responsabili della Mare Jonio, resi pubblici dal Tribunale di Agrigento in questi giorni – rammenta ancora Miraglia – la nostra Marina, quindi il governo italiano, ha diretto le operazioni di cattura e rientro nei lager dei profughi in fuga, operando, proprio attraverso la cosiddetta guardia costiera libica, dei veri e propri respingimenti. In Libia c’è una guerra e le condizioni sono insostenibili: le testimonianze e le denunce su quanto avviene sono oramai note a tutti. Si tratta di crimini contro l’umanità”, denuncia. “E gravi sono in questo momento le responsabilità del nostro Paese e del suo “memorandum”, visto che “l’Italia ha regalato alla Libia 45 mezzi navali in solo tre anni: motovedette usate per respingere i migranti che potrebbero trasformarsi facilmente anche in strumenti di difesa – osserva l’Arci – In questo modo si è di fatto alimentato il conflitto, schierando l’Italia con uno dei contendenti, ostacolando il dialogo e finanziando la parte delle milizie che gestiscono la cosiddetta guardia costiera libica. Quanto tempo ancora intende perdere il nostro governo, raccontando una realtà che non esiste e rendendosi responsabile di delitti e orrori che ricordano i periodi più bui della storia europea passata e recente? – domanda l’associazione – Non possiamo più aspettare. Questa strage davanti agli occhi di tutto il mondo va fermata adesso”.

“A fronte di crescenti denunce di violazioni dei più elementari diritti umani, in particolar modo dei migranti detenuti nei campi, soprattutto donne e minori, più volte evidenziate non solo dalle nostre Ong ma anche dalle Agenzie dell’Onu come l’Unhcr o l’Oim, il Governo italiano non intende porre nessuna condizione cogente ad un reale cambio di passo in questo senso, nonostante generiche affermazioni più volte smentite dai fatti, denuncia, in una nota,  il Coordinamento italiano Ong internazionali (Cini), esprimendo preoccupazione per il rinnovo automatico del Memorandum triennale Italia-Libia. “Siamo preoccupati anche perché il Governo si era impegnato ad una revisione, aprendo un dialogo con le Ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare e nell’accoglienza dei migrati. In particolare, le Ong hanno da tempo chiesto di smantellare centri di detenzione per sostituirli con campi gestiti dall’Unhcr e l’attivazione concordate tra i Paesi comunitari di corridoi umanitari sicuri”, prosegue la nota. “Almeno su questi due punti riteniamo che la discontinuità debba essere chiara e fattiva – dichiara Raffaele K Salinari, portavoce del Cini -, altrimenti il nostro Governo rischia non solo di tradire le sue stesse promesse, ma di dimostrare una intollerabile subalternità alle logiche spartitorie che vogliono fare della Libia un terreno permanente per l’attività di traffico di esser umani”.

“Oggi il vergognoso rinnovo del Memorandum è divenuto realtà. Il nostro Governo conferma la volontà di contribuire a far sì che migranti e rifugiati in fuga dalla Libia siano regolarmente intercettati e portati indietro della Guardia costiera del Paese in conflitto dove sono esposti alla violazione costante di diritti inviolabili, abusi di ogni genere, stupri, torture. Nei tre anni in cui l’accordo è stato in vigore, col nostro supporto finanziario alla Libia, abbiamo fatto sì decine di migliaia di persone subissero questo destino. Di quanti altri crimini vogliamo macchiarci prima di dire basta?”, dichiarano Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriere e presidente di Radicali Italiani, promotori oggi pomeriggio di un presidio di Fronte a Montecitorio per chiedere ai presidenti di Camera e Senato di portare in aula con urgenza il trattato e deliberarne la sospensione immediata. In piazza anche Emma Bonino, già ministra degli Esteri e Commissaria europea, oggi senatrice di +Europa, secondo cui “il rinnovo è umanamente, civilmente e politicamente inaccettabile”.

L’inferno libico

 Nel frattempo la Libia –  come stestimonia la decisione dell’Unhcr di  sospendere le operazioni presso la Gdf di Tripoli, dopo aver appreso che “le esercitazioni di addestramento, che coinvolgono personale di polizia e militare, si svolgono a pochi metri dalle strutture che ospitano i richiedenti asilo e i rifugiati”-  è precipitata in una situazione di totale instabilità: dopo lo scoppio della guerra, dal 4 aprile scorso, in un Paese di 5 milioni di abitanti, ci sono stati quasi 350mila sfollati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu si sono registrati almeno 287 morti tra civili e 370 feriti, con un 60% delle vittime causate da raid aerei. Si contano 8.500 persone distribuite in 28 prigioni sotto il controllo del ministero della Giustizia e altre migliaia si trovano in quelle dirette dai ministeri dell’Interno, della Difesa o in mano ai gruppi armati. I più vulnerabili sono i rifugiati e i migranti presenti nel Paese nordafricano: circa 3200 rifugiati e migranti si trovano nei centri di detenzioni gestiti dal Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale (ministero dell’Interno) e dalle milizie. Tra loro circa 2mila si trovano in aree esposte ai combattimenti (soprattutto a Tripoli e nei dintorni).

Di tutto ciò Palazzo Chigi, la Farnesina, il Viminale sono al corrente, eppure il “Memorandum della vergogna” è rimasto tale e quale. E poco importa, ai “marinai” al Governo, che il  patto Italia-Libia è stato stipulato in violazione dell’articolo 80 della Costituzione: il Parlamento, che in teoria deve autorizzare la ratifica dei trattati internazionali che hanno natura politica e che determinano degli oneri finanziari sul bilancio dello Stato, è stato esautorato dal suo ruolo. Il memorandum è ovviamente di natura politica, visto che la Libia è un partner strategico nel Mediterraneo in materia di immigrazione.

Nei giorni scorsi, la vice ministra degli Esteri Marina Sereni (Pd) , in un’intervista ad Avvenire, ha assicurato che ci sarà presto un intervento del Governo per accelerare la revisione dell’accordo: «Non è vero che dopo il 2 febbraio non ci saranno margini di manovra. C’è invece la possibilità e la volontà di rivedere il memorandum e potremo farlo anche dopo quella data. Qualsiasi ragionamento, però, non può prescindere dalla situazione sul terreno”.

Un’affermazione vera solo in parte – rileva a ragione la rivista Vita, un’autorità mediatica in materia di cooperazione internazionale -.  “In primo luogo perché qualunque modifica del memorandum non può essere unilaterale ma concordata con la Libia. Nulla quindi assicura che i libici accettino di cambiare i termini dell’accordo già firmato. Se poi fosse così praticabile la strada della modifica in itinere non si capisce perché il Governo non l’abbia già praticata per i primi tre anni di accordo appena trascorsi”. Una domanda più che fondata.

“Purtroppo gli impegni presi alla Conferenza di Berlino non sono stati rispettati”, ha spiegato Sereni. “Senza una tregua e un cessate il fuoco durevole – violato dai bombardamenti del generale Haftar e dalle interferenze di Paesi come la Turchia che riforniscono di armi e uomini il fronte del premier al-Sarraj – non è facile avviare un percorso verso la stabilizzazione. Per noi – ha sottolineato la vice ministra – è essenziale la radicale riforma delle modalità di trattamento dei migranti. Conosciamo le denunce dell’Onu e tutte le accuse riferite a innumerevoli violazioni dei diritti umani, sia nei centri di detenzione illegali che in quelli ufficiali. Certo non abbiamo “competenza” sulle prigioni clandestine, ma sulle strutture ufficiali proporremo una serie di questioni che riguardano le condizioni di vita”.

“A risultare evidente – commenta Vita – è come il Governo sia stipulando un accordo con un Paese nel caos. Resta da capire come questo caos infici qualunque iniziativa ma non l’eventuale rinegoziazione di un accordo in essere”. Ma, parafrasando Francesco De Gregori, sull’atteggiamento del Governo italiano “non c’è nulla da capire”. Ma tanto da vergognarsi.

 

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