Qual è la responsabilità italiana nei crimini di guerra nello Yemen?
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Qual è la responsabilità italiana nei crimini di guerra nello Yemen?

Il caso legale contro Uama e Rwm Italia non riguarda solo la negligenza, ma il ruolo del nostro paese negli attacchi aerei mortali.

Una madre yemenita
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8 Ottobre 2019 - 19.40


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di Eleonora Camilli
Nessuno può più dire “io non sapevo”. Esattamente tre anni fa, l’8 ottobre 2016, una famiglia di sei persone (padre, madre e quattro figli) è stata uccisa in un attacco aereo dalla coalizione militare guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti a Deir Al-Hajari, nello Yemen nord-occidentale. Nel luogo dell’attacco sono stati rinvenuti resti di bombe tra cui un gancio di sospensione prodotto da RWM Italia S.p.A., una società controllata del produttore tedesco di armi Rheinmetall AG. Nell’aprile 2018 il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) l’organizzazione con sede in Yemen Mwatana per i diritti umani e la Rete Italiana per il Disarmo hanno presentato una denuncia penale a partire da questo caso. Dopo oltre un anno e mezzo di indagini la Procura della Repubblica di Roma ha deciso per l’archiviazione. Ma le tre organizzazioni della società civile, proprio a partire dalle evidenze raccolte, presenteranno appello contro la decisione del Procuratore. L’annuncio è stato dato oggi in una conferenza stampa a Roma: la convinzione delle ong è che le vittime yemenite meritino un’adeguata indagine sul ruolo dell’Italia nei devastanti attacchi della coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti; attacchi che continuano a uccidere, ferire e danneggiare gravemente i civili.
“La decisione del Procuratore è incomprensibile. Questo caso non riguarda solo aspetti economici o vantaggi commerciali impropri, ma si basa sulla potenziale co-responsabilità dell’Italia nei crimini commessi nello Yemen. La coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ha ucciso e ferito migliaia di civili dal 2015 con attacchi indiscriminati e sproporzionati alimentati dalle esportazioni di armi dall’Europa. Se i dirigenti della Rwm Italia e i funzionari dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) hanno favorito con le loro azioni e decisioni crimini commessi dalla coalizione a guida saudita e dai loro partner, devono essere ritenuti responsabili”, sottolineano le Organizzazioni in una dichiarazione congiunta.

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Per Francesco Vignarca, portavoce della Rete italiana per il disarmo è “necessario andare avanti nell’accertamento delle responsabilità, per le vittime di quella guerra. Il caso da cui siamo partiti per la denuncia è avvenuto tre anni – spiega -.  Ma il punto principale è la consapevolezza: la timeline intreccia tutto questo, nel momento in cui sono state rilasciate le autorizzazioni le notizie sulle violazioni commesse erano note. Tutti erano consapevoli del conflitto in Yemen, nessuno può dire: noi non sapevamo”.  In particolare, le ong spiegano che per quanto riguarda il reato di abuso d’ufficio (ai sensi dell’articolo 323 del Codice Penale) i documenti dell’inchiesta mostrano come ancora a novembre 2017 siano state concesse autorizzazioni ad esportazioni di armi verso i membri della coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, nonostante le documentate gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e le gravi violazioni dei diritti umani commesse anche dalla coalizione a guida saudita. I documenti mostrano come il processo decisionale svolto dall’Uama non sia stato conforme alla Legge italiana, alla Posizione Comune dell’UE sulle esportazioni di armi e al Trattato internazionale sul Commercio di Armi (ATT). Il Procuratore, inoltre, ha confermato che il gancio di sospensione prodotto da Rwm Italia e trovato sulla scena dell’attacco di Deir Al-Hajari potrebbe essere stato esportato nel Novembre 2015, epoca in cui organismi delle Nazioni Unite, Ong internazionali e organizzazioni yemenite avevano già documentato le ripetute violazioni commessa dalla coalizione guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Secondo le organizzazioni, infine, non si è indagato in maniera sufficiente sulle esportazioni da parte di RWM Italia e sulle relative licenze. Per capire, nello specifico, se si configurasse o meno una condotta criminale da parte di Rwm Italia o Uama.

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“L’esposto è partito da un episodio singolo gravissimo ma costituisce una denuncia più ampia: l’obiettivo è indagare la responsabilità penale dei produttori di armi e delle autorità italiane che hanno concesso l’autorizzazione per l’esportazione – afferma l’avvocato Francesca Cancellaro, dello studio legale Gamberini -. Le violazioni in Yemen sono state accertate fino ai giorni nostri. Dopo il nostro esposto, infatti, sono state avviate indagini in cui siamo stati parte attiva con due memorie integrative. Pensiamo che il materiale raccolto possa sostenere l’ accusa in giudizio. Per questo facciamo opposizione alla richiesta di archiviazione e sottoporremo il materiale a un giudice”. In particolare, il periodo preso in considerazione dalle ong va dal 2015 al 2018. 

“La nostra azione vuole andare a riconoscere il livello impunità generale – aggiunge Linde Bryk di Ecchr -. Comparando i documenti dal 2016 al 2018 ci sono molte armi esportati dagli Stati europei, non solo dall’Italia. Per ragioni economiche le aziende continuano a dare mezzi per azioni che possono arrivare a essere considerati  crimini di guerra. Ora è arrivato il momento di capire chi sono i responsabili che permettono tutto questo, in violazione delle norme penali internazionali”.

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