L'Onu denuncia: aumentano i rischi di morte per i migranti nel Mediterraneo
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L'Onu denuncia: aumentano i rischi di morte per i migranti nel Mediterraneo

Nei primi 6 mesi del 2019 è morto 1 migrante ogni 23 partiti. Nel 2018 era 1 ogni 33. La colpa è nell'aver reso il mare un 'deserto' con sempre meno soccorritori

Migranti naufraghi in mare
Migranti naufraghi in mare
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21 Luglio 2019 - 17.20


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Meno partenze meno morti come dice Salvini? In realtà no. Perché l’aver trasformato il Mediterraneo in un deserto aumenta di oltre un terzo le possibilità che i naufraghi non ricevano soccorsi.
Il Mediterraneo centrale nel 2019 è più pericoloso: nei primi 6 mesi del 2019 è morto 1 migrante ogni 23 partiti. Nel 2018 era 1 ogni 33″.
Lo ha detto Flavio Di Giacomo Portavoce per il Mediterraneo dell’Iom, l’agenzia Onu per le migrazioni.
La denuncia dei medici per i diritti umani
“Lo smantellamento del sistema di accoglienza, l’abolizione della protezione umanitaria, lasciare in mare le persone per giorni sono tutti segni che è in corso una deumanizzazione istituzionalizzata del migrante”.
E’ la denuncia fatta da Medu (Medici per i diritti umani), in occasione dell’incontro a Pozzallo (RG) sul tema : “Salvare vite non è reato. Per un Mediterraneo di pace e solidarietà”. Un evento organizzato da Legambiente che ha visto la partecipazione, oltre che di Medu, anche di Medici Senza Frontiere, Mediterranea e SOS Mediterrane’e.
“E’ gravissimo ed assai amaro – ha detto Peppe Cannella, psichiatra del Team Medu Sicilia – che i migranti vengano lasciati in mare per giorni in attesa di poter entrare in un porto italiano, uomini donne e bambini per i quali viene detto che tanto non vi è un’emergenza medica. Non e’ forse un’emergenza l’aver vissuto eventi traumatici nelle prigioni libiche? Non sono un’emergenza le ferite visibili ed invisibili che queste persone si portano dietro, conseguenze di torture e trattamenti crudeli? Non è forse un’emergenza il rischio di far vivere loro una ri-traumatizzazione, negando loro l’accesso a cure adeguate?”. “Purtroppo – conclude Cannella – il fatto che gli arrivi siano diminuiti significa solamente che un maggior numero di persone rimane intrappolate nelle carceri formali e informali della Libia dove avvengono continue violazioni dei diritti umani, ancora di più oggi che c’è una guerra in corso”

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