Trentesimo anniversario della carneficina di Tienanmen, ma la Cina nega ancora la sua crudeltà
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Trentesimo anniversario della carneficina di Tienanmen, ma la Cina nega ancora la sua crudeltà

E' l'anniversario dei sanguinosi eventi della notte tra il 3 e il 4 giugno 1989, quando l'Esercito di Liberazione Popolare aprì il fuoco sui manifestanti

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3 Giugno 2019 - 07.32


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Nessun ripensamento, in Cina, sulla strage di piazza Tiananmen, a trenta anni dalla repressione delle proteste pro-democratiche che hanno occupato il centro di Pechino, che si accompagna a un nuovo giro di vite su chiunque voglia ricordare gli eventi di allora. A poche ore dal trentesimo anniversario dei sanguinosi eventi della notte tra il 3 e il 4 giugno 1989, quando l’Esercito di Liberazione Popolare aprì il fuoco sui manifestanti, il ministro della Difesa, Wei Fenghe, da Singapore, ha definito “corretta” la strage.
“Il governo centrale ha preso misure decise e l’esercito ha preso misure per fermare e calmare i tumulti. Questo è il modo corretto. è la ragione per cui la stabilità del Paese è stata mantenuta”, ha dichiarato nel suo intervento agli Shanghri-La Dialogue, il forum annuale sulla sicurezza in Asia. Già nei giorni scorsi erano arrivate forti critiche per gli arresti di decine di attivisti, con l’avvicinarsi dell’anniversario piu’ sensibile sul calendario politico di Pechino.
“Il governo cinese deve accettare che nessun carico di repressione cancellerà mai l’orrore della carneficina su larga scala che ha preso piede in piazza Tiananmen e nei suoi dintorni”, ha commentato Roseann Rife, East Asia Director di Amnesty International.
Il presidente cinese, Xi Jinping, ha aggiunto, “continua a prendere spunto dal solito, logoro, manuale politico per perseguitare crudelmente chi cerca la verità sulla tragedia per cancellare dalla memoria la repressione del 4 giugno”.
Se in Cina le commemorazioni della strage sono vietate – e vengono utilizzate anche le tecnologie di intelligenza artificiale per rilevare ogni commento on line relativo a quegli eventi – al di fuori dei confini, negli ultimi giorni, in molti hanno ricordato le vittime della brutale repressione. Un’artista di Taiwan, Shake, ha realizzato una struttura gonfiabile dell’uomo di fronte al carro armato, l’immagine più forte delle proteste di quei giorni, diventata il simbolo dell’opposizione alla tirannia nel ventesimo secolo. L’opera è stata posta nello spiazzo antistante il Memoriale di Chiang Kai-Shek, uno dei luoghi più visitati di Taipei. “Come taiwanese”, ha detto Shake, “spero di potere aiutare la Cina a raggiungere la democrazia, un giorno”, aggiungendo, però, che la strage “è già stata spazzata via dalla visione politica autoritaria della Cina”.
A parlare, alla vigilia delle commemorazioni, sono i protagonisti di allora che hanno lasciato la Cina. “Non ce lo saremmo mai aspettati”, ha dichiarato uno degli studenti al vertice delle proteste del 1989, Wang Dan, che oggi vive a Washington. “Aprire il fuoco sulla folla era al di là delle nostre aspettative”, ha detto ai microfoni dell’agenzia France Presse. Wang si è anche detto sorpreso di essere stato inserito in cima alla lista degli studenti ricercati dalla polizia, dopo la repressione.
“Non ero il più famoso. Ero solo uno di loro”, ha detto. “Avevo forti relazioni con gli intellettuali e il governo voleva etichettare queste proteste come provocate dagli intellettuali”. Per commemorare i trenta anni dalla strage, a Hong Kong – dove ogni anno si tiene una veglia per ricordare le vittime alla vigilia dell’anniversario – un gruppo di attivisti ha riaperto, dopo tre anni, un museo che raggruppa reperti dei momenti più tragici delle proteste. “Le giovani generazioni possono venire e imparare di più sulle informazioni e sul materiale per farsi una loro opinione, e ovviamente speriamo che possano unirsi a noi per cercare giustizia riguardo al 4 giugno”, ha detto in un video realizzato dall’agenzia di stampa francese Richard Tsoi, uno degli ideatori dell’esposizione. Nessun ripensamento, in Cina, sulla strage di piazza Tiananmen, a trenta anni dalla repressione delle proteste pro-democratiche che hanno occupato il centro di Pechino, che si accompagna a un nuovo giro di vite su chiunque voglia ricordare gli eventi di allora. A poche ore dal trentesimo anniversario dei sanguinosi eventi della notte tra il 3 e il 4 giugno 1989, quando l’Esercito di Liberazione Popolare aprì il fuoco sui manifestanti, il ministro della Difesa, Wei Fenghe, da Singapore, ha definito “corretta” la strage.
“Il governo centrale ha preso misure decise e l’esercito ha preso misure per fermare e calmare i tumulti. Questo è il modo corretto. è la ragione per cui la stabilità del Paese è stata mantenuta”, ha dichiarato nel suo intervento agli Shanghri-La Dialogue, il forum annuale sulla sicurezza in Asia. Già nei giorni scorsi erano arrivate forti critiche per gli arresti di decine di attivisti, con l’avvicinarsi dell’anniversario piu’ sensibile sul calendario politico di Pechino. “Il governo cinese deve accettare che nessun carico di repressione cancellerà mai l’orrore della carneficina su larga scala che ha preso piede in piazza Tiananmen e nei suoi dintorni”, ha commentato Roseann Rife, East Asia Director di Amnesty International.
Il presidente cinese, Xi Jinping, ha aggiunto, “continua a prendere spunto dal solito, logoro, manuale politico per perseguitare crudelmente chi cerca la verità sulla tragedia per cancellare dalla memoria la repressione del 4 giugno”. Se in Cina le commemorazioni della strage sono vietate – e vengono utilizzate anche le tecnologie di intelligenza artificiale per rilevare ogni commento on line relativo a quegli eventi – al di fuori dei confini, negli ultimi giorni, in molti hanno ricordato le vittime della brutale repressione. Un’artista di Taiwan, Shake, ha realizzato una struttura gonfiabile dell’uomo di fronte al carro armato, l’immagine più forte delle proteste di quei giorni, diventata il simbolo dell’opposizione alla tirannia nel ventesimo secolo.
L’opera è stata posta nello spiazzo antistante il Memoriale di Chiang Kai-Shek, uno dei luoghi più visitati di Taipei. “Come taiwanese”, ha detto Shake, “spero di potere aiutare la Cina a raggiungere la democrazia, un giorno”, aggiungendo, però, che la strage “è già stata spazzata via dalla visione politica autoritaria della Cina”.
A parlare, alla vigilia delle commemorazioni, sono i protagonisti di allora che hanno lasciato la Cina. “Non ce lo saremmo mai aspettati”, ha dichiarato uno degli studenti al vertice delle proteste del 1989, Wang Dan, che oggi vive a Washington.
“Aprire il fuoco sulla folla era al di là delle nostre aspettative”, ha detto ai microfoni dell’agenzia France Presse. Wang si è anche detto sorpreso di essere stato inserito in cima alla lista degli studenti ricercati dalla polizia, dopo la repressione. “Non ero il più famoso. Ero solo uno di loro”, ha detto. “Avevo forti relazioni con gli intellettuali e il governo voleva etichettare queste proteste come provocate dagli intellettuali”.
Per commemorare i trenta anni dalla strage, a Hong Kong – dove ogni anno si tiene una veglia per ricordare le vittime alla vigilia dell’anniversario – un gruppo di attivisti ha riaperto, dopo tre anni, un museo che raggruppa reperti dei momenti più tragici delle proteste.
“Le giovani generazioni possono venire e imparare di più sulle informazioni e sul materiale per farsi una loro opinione, e ovviamente speriamo che possano unirsi a noi per cercare giustizia riguardo al 4 giugno”, ha detto in un video realizzato dall’agenzia di stampa francese Richard Tsoi, uno degli ideatori dell’esposizione.

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