Sea-Watch abbandonata nell'indifferenza: 49 naufraghi nel mare in tempesta
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Sea-Watch abbandonata nell'indifferenza: 49 naufraghi nel mare in tempesta

La nave della Ong con Sea-Eye è da 11 giorni nel Mediterraneo in condizioni difficilissime senza che un solo porto europeo abbia dato l'ok allo sbarco

La Sea Watch
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1 Gennaio 2019 - 18.33


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L’Europa dell’indifferenza e dei porti chiusi, dove i giochi di potere ‘macisti’ tra paesi si giocano sulla pelle dei poveri cristi: “Mare mosso, da 11 giorni senza un porto, l’odissea di Capodanno delle Ong”. A twittarlo è Sea-Watch, che ribadisce la richiesta di sbarcare subito i 49 naufraghi soccorsi nel Mediterraneo e ancora a bordo di due navi, una della stessa Sea-Watch e l’altra della tedesca Sea-Eye, che hanno soccorso rispettivamente 32 e 17 migranti. Per la nave di Sea-Watch si tratta dell’undicesimo giorno in mare, nonostante gli appelli agli Stati europei.
L’imminente peggioramento delle condizioni meteo e del mare aumenta i timori per le due Ong. “La legge del mare – sostiene invece Jan Ribbeck, capo missione sulla nave della tedesca Sea-Eye – dice chiaramente che il tempo che le persone devono trascorrere in mare, dopo essere state tratte in salvo da una situazione di stress, deve essere ridotto al minimo”. E invece nessun Paese sembra disposto a consentire l’approdo.
Le due organizzazioni avevano anche invano chiesto aiuto alla Germania, pubblicando l’elenco dei paesi e delle istituzioni che avrebbero “negato aiuto: Malta, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Germania, Ue. Speriamo di ricevere supporto dal ministero degli Esteri tedesco nella ricerca di un porto sicuro”.

Ma Ribbeck ha anche usato parole dure: “Siamo delusi dal comportamento del centro di coordinamento del soccorso marittimo di Brema: non hanno dichiarato né verbalmente ne’ per iscritto di condividere la nostra visione, ma si sono limitati a dirci di seguire gli ordini dei libici”.
SeaEye spiega che i propri volontari si sono “opposti alla consegna delle persone soccorse alla guardia costiera libica” perché avrebbe rappresentato una “violazione delle leggi internazionali”.

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