Guerra all'Isis, in Iraq dopo la fine del conflitto ancora due milioni di sfollati
Top

Guerra all'Isis, in Iraq dopo la fine del conflitto ancora due milioni di sfollati

Report diffuso dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni-Missione in Iraq, che continua a tenere sotto controllo la situazione nei 18 governatorati

Isis
Isis
Preroll

globalist Modifica articolo

6 Dicembre 2018 - 11.35


ATF
La guerra all’Isis in Iraq si è conclusa ufficialmente a dicembre 2017, ma tra la popolazione coinvolta da questo conflitto si contano ancora quasi 2 milioni di sfollati. A rivelarlo è un report diffuso dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim)-Missione in Iraq, che continua a tenere sotto controllo la situazione in tutti i 18 governatorati del Paese.
I numeri dell’Oim. L’organizzazione calcola che a partire dal 2014, anno d’inizio della guerra civile in Iraq, gli sfollati siano complessivamente 5,8 milioni. Il punto più critico era stato raggiunto nell’aprile 2016, quando si era arrivati a 3,42 milioni di persone sfollate (pari a 570 mila famiglie). Numero che è poi sceso gradualmente, fino ad arrivare agli 1,9 milioni registrati nel settembre 2018. Persone che, a un anno dalla fine del conflitto, si ritrovano ancora in situazioni di estrema fragilità causate proprio dagli spostamenti forzati avvenuti durante gli scontri.
Dislocamenti prolungati. La situazione di chi non è riuscito a tornare a casa per almeno tre anni, sempre a causa del conflitto con l’Isis, è stata classificata dall’Oim come “dislocamento prolungato”. Ebbene, a ritrovarsi in questa definizione è almeno uno sfollato interno su due in circa due terzi dei paesi monitorati.
Manca tutto. Il primo problema degli sfollati è quello della casa, spesso rimasta distrutta durante il conflitto. Ma non è l’unico. Sui territori colpiti, infatti, si registra spesso ancora una grossa mancanza di servizi. E, in molti casi, la popolazione è stata colpita da “stress post-traumatico”. Un problema, quest’ultimo, che ha avuto un’incidenza maggiore sui bambini. Tra i motivi che ancora spingono la popolazione a non tornare alle proprie terre, c’è poi la mancanza di attività che possano produrre un reddito, una difficoltà segnalata dal 21% degli sfollati intervistati (il 41% indica i danni subiti dalla propria abitazione). “Il fatto che questi problemi persistano molto tempo dopo la fine del conflitto – si legge nel report – è un’indicazione che il dislocamento provocato dal conflitto si protrae in parte perché lo status quo ante era di per sé ingiusto e che affrontare questi problemi richiede un approccio trasversale che abbraccia gli aspetti umanitari, lo sviluppo, la costruzione della pace e i settori della sicurezza”.
La storia. Il conflitto è cominciato nel 2014, con l’attacco da parte dell’Isis in Siria e Iraq. L’organizzazione terroristica aveva conquistato Mosul, la seconda città del Paese, e il 29 giugno 2014 aveva proclamato il Califfato, designando Al-Baghdadi “Califfo”, massima autorità musulmana nel mondo. I rapporti di forza si invertirono poi gradualmente a partire dall’ottobre 2016, quando l’offensiva irachena riconquistò Mosul. La fine delle ostilità è stata dichiarata ufficialmente il 9 dicembre 2017.
 
Leggi anche:  Come la terza guerra mondiale a pezzi è un insieme di guerre sante senza limite
Native

Articoli correlati