Duterte esce dalla Corte internazionale: non mi può giudicare
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Duterte esce dalla Corte internazionale: non mi può giudicare

Rodrigo Duterte sostiene che gli oltre 4.000 morti tra spacciatori e tossicodipendenti rientrano in normali operazioni di polizia, senza alcuna premeditazione e che la Cpi dovrebbe occuparsi di altri

Rodrigo Duderte si rilassa
Rodrigo Duderte si rilassa
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14 Marzo 2018 - 13.12


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Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha annunciato oggi il ritiro del Paese dal trattato di fondazione della Corte penale internazionale, dopo che essa, nelle ultime settimane, ha preso in esame la sua politica contro la droga, contraddistinta da un uso spropositato della forza, che si è tradotto migliaia di morti violente di presunti trafficanti, spacciatori e tossicodipendenti.
“Dichiaro (…) che le Filippine revocano la loro ratifica dello Statuto di Roma con effetto immediato”, ha detto il presidente in una nota.
Il tribunale dell’Aia ha annunciato, all’inizio di febbraio, l’apertura di un “esame preliminare” della campagna antidroga di Duterte, che sta causando preoccupazione nella comunità internazionale. Questo esame preliminare deve determinare se la CPI abbia giurisdizione sui fatti addebitati a Duterte. Alla fine di questa fase, l’organismo dovrà rendere noto se intende aprire una indagine ufficiale o chiudere il dossier.
E dovrà determinare, soprattutto, se quanto accade nelle Filippine può essere qualificato come crimini contro l’umanità o crimini di guerra.
Accusato di incoraggiare gli omicidi con le sue dichiarazioni all’insegna della violenza, Duterte ha messo in dubbio la scelta della Cpi  di scegliere le Filippine come primo Paese del sud-est asiatico sotto esamepreliminare da parte dell’unico organo permanente per giudicare i crimini di guerra. “Ci sono così tanti massacri che si svolgono in ogni angolo dell’Asia e tu scegli me. Faresti meglio a farla finita perché ho intenzione di ritirarmi dalla Corte penale internazionale”, ha avvertito Duderte.
“È chiaro che la CPI viene utilizzata come strumento politico contro le Filippine”, ha affermato il presidente, riferendosi a “attacchi senza precedenti (….) contro il governo e la mia persona”, ritenendo che i presunti atti a suo carico “non costituiscano un genocidio o un crimine di guerra”. Le morti, ha aggiunto, “sono avvenute durante operazioni di polizia legali” e “non erano premeditate”.
Eletto nel 2016, il presidente Duterte ha promesso di sradicare il traffico di droga. Da allora, secondo le statistiche ufficiali, quasi 4.000 tra sospetti trafficanti di droga e tossicodipendenti sono stati uccisi dalla polizia. I difensori dei diritti umani affermano che la stima è per difetto e che, avere un bilancio reale, occorre ”triplicare questi numeri”.

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