Assassinato in casa il capo della frangia più violenta dei tifosi del Boca Juniors

Gustavo Pereyra ucciso da uno sconosciuto. Anche se non poteva entrare più alla Bombonera guidava ancora i Barras Brava, gli ultras del tifo estremo Xeneizes

Gustavo Pereyra
Gustavo Pereyra
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24 Novembre 2017 - 16.27


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Per i suoi amici era un idolo. Per gli avversari incarnava e incuteva la paura. Si chiamava Gustavo Pereyra, ma per tutti, amici e nemici, era soltanto l’Orso e non solo per la sua corpulenza. E, soprattutto, era il secondo della catena di comando – davanti aveva solo Rafael Di Zeo – e il capo militare dei Barras bravas, come sono chiamati i più esagitati e violenti ultras del Boca. L’Orso è morto, abbattuto a colpi d’arma da fuoco come se fosse l’animale di cui portava orgogliosamente il nome. Lo hanno assassinato con otto colpi di pistola nell’abitazione che ancora divideva con la madre a Claypole, un popoloso quartiere alla periferia sud di Buenos Aires dove i tifosi Xeneizes sono in maggioranza e dove Pereyra veniva guardato con rispetto. Anche perché, per la sua passione calcistica, era finito qualche volta di troppo in galera per avere sostenuto, con la forza e la violenza, i colori gialloblu. 
Un killer spietato, quello che ha ucciso il capo ultras, che s’è servito della madre di Pereyra per entrare in casa. La donna, sentendo bussare alla porta, ha aperto facendo passare uno sconosciuto. La donna, ha detto alla polizia, ha sentito che la discussione tra i due ha assunto subito toni accesi, arrivando ad una lite. Sino a quando l’assassino ha cominciato a sparare lasciando l’Orso agonizzante. Pereyra era ancora vivo quando, soccorso dal personale di un’ambulanza, è arrivato in ospedale, ma la gravità delle ferite non gli ha lasciato scampo.
Gustavo Pereyra non poteva assistere alle partite del Boca alla Bombonera (era stato raggiunto da un divieto, qualcosa di simile all’italico Daspo), ma questo non gli impediva di comandare i Barras Bravas come se fossero un manipolo di picchiatori. La sua capacità di mulinare i pugni gli aveva spianato la strada nella sicurezza privata. Aveva fatto la guardia del corpo di alcuni personaggi soprattutto del mondo dello sport (come l’ex campione di boxe Rodrigo Barrios) ed ora faceva il custode.
Se e quando la polizia – superando i timori per l’ordine pubblico – li autorizzerà, i funerali dell’Orso rischiano di essere una celebrazione da morto di chi, come norma di vita, ha sempre avuto la violenza. 

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