In carcere il governo Puigdemont, tutta la Catalogna scende in piazza
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In carcere il governo Puigdemont, tutta la Catalogna scende in piazza

La giudice Lamela ha ordinato che gli otto ministri indipendentisti siano separati e detenuti in cinque prigioni diverse. Folla nelle strade. Il leader da Bruxelles: ci arrestano per le idee

Le reazioni all'arresto del governo di Carles  Puigdemont
Le reazioni all'arresto del governo di Carles Puigdemont
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2 Novembre 2017 - 20.25


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Ore 19, la Catalogna risponde all’appello delle organizzazioni della società civile indipendentista e scende in piazza per denunciare l’arresto ordinato oggi dalla giudice spagnola Carmen Lamela di otto membri del Govern di Carles Puigdemont, fra cui il vicepresidente Oriol Junqueras, leader del primo partito catalano. Da Bruxelles Puigdemont twitta “Il governo legittimo della Catalogna – commenta su Twitter – è stato incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano. Il clan furioso della 155 (la legge che è stata applicata da Madrid per destituire il governo, ndr) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà”. Sulla testa del leader separatista preme intanto un mandato di cattura internazionale.
Folla in piazza a Barcellona, Girona, Badalona, Tarragona, Lleida. Di quanto sta accadendo in queste ore non c’è memoria in Europa. Mai era accaduto. 

La giudice ha ordinato che gli otto ministri siano separati e detenuti in cinque prigioni diverse. Il vicepresidente Oriol Junqueras e il ministro Joaquim Forn saranno trasferiti nel carcere di Estremera, Jordi Turull e Raul Romeva a Valdemoro, Josep Rull a Navalcarnero e Carlesd Mundò a Aranjuez. Dolors Bassa e Meritxell Borras saranno detenute nel carcere per donne di Alcalà.  

Sono accusati di «sedizione» e «ribellione» per avere portato avanti senza violenza il progetto politico dell’indipendenza catalana. Autorevoli giuristi in Catalogna e in Spagna le contestano e denunciano violazioni delle norme europee e spagnole. Lo stesso “padre” della riforma del Codice Penale post-franchista, Diego Lopez Garrido, ha detto che l’accusa di «ribellione» esiste solo «nell’immaginazione del procuratore generale dello stato». In Catalogna, ha detto, non c’è stato quel «sollevamento violento» che prevede il codice penale.

Il fronte indipendentista ha reagito con indignazione all’arresto di mezzo Govern, denunciando una repressione «mai vista dai tempi del franchismo» ma lanciando nello stesso tempo appelli alla calma e alla «tranquillità», nel timore che la nuova «vendetta» di Madrid possa innescare un ciclo di esasperazione e violenza.

La leader del partito di Junqueras, Marta Rovira, con voce rotta dal pianto ha chiesto «a tutti i democratici del mondo» di «reagire, alzarsi, impedire che questo accada nel XXI secolo: un governo eletto democraticamente messo in prigione!». «L’Europa ora sarà ancora complice dello stato spagnolo autoritario?», ha chiesto polemicamente la leader del PdeCat di Puigdemont, Marta Pascall.

 

Diverso l’orientamente del Tribunal Supremo. Il pubblico ministero ha chiesto una sorveglianza della polizia per la presidente del Parlament catalano, Carme Forcadell, e per altri cinque membri indagati dalla Corte Suprema per ribellione, fino a quando non saranno interrogati il 9 novembre,  come richiesto dai legali della difesa.
Tutti i leader indipendentisti hanno lanciato appelli perché la popolazione catalana mantenga la calma. Lo stesso appello è stato lanciato, “nell’indignazione”, dalle segretarie di Erc e Pdecat, Marta Pascal e Marta Rovira. Gli avvocati degli otto detenuti hanno detto che anche da parte loro, prima di essere portati via, nei furgoni cellulari sono venuti appelli “alla tranquillità”.

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