Haftar batte cassa: posso fermare i migranti ma l'Europa deve darmi i mezzi
L'uomo forte libico, in una intervista al Corriere della Sera, si dice pronto a bloccare i flussi, ma solo nell'ambito di un accordo con gli europei.

Khalifa Haftar
E' un generale Haftar a due facce: diplomatico quando si tratta di affrontare i rapporti con gli altri Stati nell'ottica della lotta al terrorismo internazionale ed all'immigrazione illegale; strenuo difensore della propria influenza sulla Libia intera se si comincia a parlare di temi quali diritti umani e rapporti con il governo Sarraj. In una intervista al Corriere della Sera l'uomo forte della Libia si è sperticato in elogi verso l'Italia e, ipse dixit, la sua ''magnifica capitale'', elogiando le relazioni tra i due Stati, dimenticando così in fretta le minacce rivolte all'Italia appena qualche settimana fa, quando fu raggiunto l'accordo con il - da lui odiato e delegittimato - governo di Tripoli per il controllo dei flussi di migranti.
La novità forse meno attesa è che Haftar ha un suo piano per fermare l'immigrazione illegale, ''ben consapevole che la Libia non è il punto di arrivo, ma solo un corridoio per i migranti che vengono in Europa". Ma, pragmatico come sempre, ha cercato di capitalizzare al massimo la sua visita in Italia, lanciando un messaggio al resto d'Europa: ''quanto al controllo delle frontiere Sud, le mie forze possono fornire manodopera, ma voi europei dovete inviare aiuti: droni, elicotteri, visori notturni, veicoli...", dopo avere rimosso l'embargo dell'Onu sullinvio di materiale bellico in Libia.
Una richiesta ragionevole, che però lascia troppa discrezionalità al generale libico su un uso delle forniture militari ''alternativo'' rispetto a quello che le giustificherebbe. Ovvero, Haftar deve dare garanzie che tali forniture saranno utilizzate solo per la lotta ai trafficanti, anche se non è difficile pensare come esse possano ingolosire il generale per un impiego sul fronte interno.
Sulla quesitone relativa all'uso della forza, Haftar ha voluto puntualizzare: "non abbiamo bisogno di consigli. Ovvio che preferiremmo le vie della politica, ma quando queste non funzionano occorrono altre soluzioni. Stiamo sconfiggendo il terrorismo in Libia, non per via diplomatica, bensì con le armi. Sta a noi decidere come difendere il nostro Paese e i suoi abitanti. Sino ad ora non abbiamo ancora fatto uso della forza per risolvere la crisi politica interna".