Turchia: ancora tre mesi di stato d'emergenza e di arresti indiscriminati

Dopo il golpe in un anno sono finite in carcere oltre 50.000 persone e 150.000 sono state licenziate o sospese dai pubblici incarichi

Erdogan proroga di altri tre mesi lo stato d'emergenza
Erdogan proroga di altri tre mesi lo stato d'emergenza
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14 Luglio 2017 - 16.03


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Di tre mesi in tre mesi. L’ultima proroga nell’aprile scorso, all’indomani del sì al referendum fortemente voluto dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan: consultazione che nelle mani di Erdogan ha concentrato buona parte dei poteri costituzionali. Ma non è ancora sufficiente e, alla vigilia dell’anniversario del fallito colpo di stato del 15 luglio in Turchia, il governo ha annunciato l’intenzione di ‘estendere per altri 90 giorni lo stato d’emergenza, dichiarato dopo il putsch, prorogato ad aprile e in scadenza mercoledi’. La richiesta di rinnovo verra’ formalizzata nel Consiglio di sicurezza nazionale (Mgk), che sarà presieduto lunedi’ dal presidente Erdogan, e inviata martedi’ in Parlamento per l’approvazione, ha spiegato il premier, Binali Yildirim. Sotto lo stato d’emergenza, oltre 50 mila persone sono state arrestate e 150 mila licenziate o sospese dalle pubbliche amministrazioni in Turchia per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen. Dopo il referendum, Erdoğan aveva annunciato che il provvedimento non sarebbe stato rimosso finché non fosse raggiunta la pace. Motivando la sua decisione, il presidente turco aveva citato lo stato di emergenza dichiarato in Francia dopo gli attentati del novembre 2015 a Parigi. Nei mesi successivi al golpe, il partito di sinistra dell’Hdp e quello di centrosinistra del Chp erano scesi in piazza per rinnovare l’opposizione al tentato colpo di stato. Piazza che finora era stata dominata dai sostenitori del partito di governo, l’Akp che invitava quotidianamente la sua base elettorale a rimanere vigile sulle sorti della democrazia e del governo. Le manifestazioni dell’opposizione, nel solco del consentito, hanno rappresentato un momento fondamentale di riappropriazione degli spazi pubblici da parte di tutta la popolazione, su cui né il governo né la polizia sono intervenuti.
La mobilitazione dell’Hdp, oltre a condannare nuovamente il golpe, era però anche servita a dichiarare la propria opposizione allo stato di emergenza, che nella visione del partito mette in serio pericolo le libertà civili. L’Hdp è vicinissimo ai movimenti curdi, che più di tutti hanno sperimentato sulla propria pelle l’applicazione dello stato di emergenza nella storia della Repubblica.

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