Donald Trump ribadisce il suo no all’aborto. E lo fa, come sempre nel suo stile, sfidando l’ong Planned Parenthood Federation of America e vincolando l’incremento dei fondi federali all’interruzione dell’assistenza alle donne, in termini di interruzioni di gravidanza.
Secondo il quotidiano La Stampa, la Ppfa, che ha sede a Manhattan e Washington e opera in altri 159 centri medici in 12 Paesi nel mondo, oltre che in 650 cliniche negli Usa, ha rispedito al mittente l’offerta, mettendo in chiaro che i fondi federali non possono essere usati per l’aborto.
Tutto è nato da un’inchiesta del New York Times e Trump che ha poi confermato la politica di revisione dei fondi. Ma la questione sembra ancora più profonda e, da quanto emerge da giornale americano, ci sarebbe un’offerta molto diverse da parte di Trump all’ong: i fondi sarebbero stati semplicemente garantiti (non incrementati), se l’organizzazione avesse cambiato la sua politica.
“Milioni e milioni di donne che soffrono di patologie quali il cancro al collo dell’utero o al seno – ha detto Trump durante un dibattito televisivo – sono aiutate e sostenute dalla Planned Parenthood”. «Io sono pro-vita e per questo la difendo e voglio sostenerla, fa un lavoro importante». Ma la presidente dell’ente, Cecile Richards, ha ribattuto seccamente: «Noi staremo sempre dalla parte della possibilità delle donne di decidere della propria salute e della propria vita, senza interferenze della politica». La Ppfa ha seguito nel 2015 2,5 milioni di clienti, diminuiti rispetto al 2006, quando erano 3,1 milioni, e ha seguito 324,000 aborti (circa la metà di tutti quelli negli Stati Uniti).