L'omaggio alle vittime della strage del ristorante di Dacca

Cerimonia blindatissima allo stadio per motivi di sicurezza.La premier Sheikh Hasina ha deposto una corona di fiori. In Italia ancora incertezza sui funerali di Stato.

La disperazione durante la cerimonia
La disperazione durante la cerimonia
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4 Luglio 2016 - 10.18


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Dopo la strage al ristorante di Dacca, la premier del Bangladesh Sheikh Hasina stamane ha reso omaggio alle vittime. In una cerimonia allo stadio dell’esercito, alle dieci locali, ha deposto corone di fiori sulle bare, riferiscono i media locali. Le bare sono state collocate in una piattaforma rialzata con le bandiere di India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti, le nazioni delle vittime straniere, nove delle quali italiane. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. In seguito, è stato consentito l’accesso ai familiari e poi a tutti i cittadini.

I terroristi ricchi rampolli bengalesi. Dubbi sull’Isis È o non è colpa dello Stato ISlamico? Questa è l’interrogativo degli esponenti governativi, dei servizi di intelligence e i media del Bangladesh stanno sfogliando dopo lo shock suscitato dal massacro di 20 civili stranieri – tra cui 9 italiani – compiuto venerdì nella Holey Artisan Bakery di Dacca.

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Da giovani terroristi rampolli di ricche famiglie locali arruolatisi nelle file della jihad “per moda”, secondo la versione del ministro dell’Interno. E’ stato necessario assistere ad una strage in un gettonato ristorante della classe medio-alta, la più grave mai registrata nella storia del Paese, perché il governo – che da sempre nega infiltrazioni della rete del terrore globale in Bangladesh – esaminasse con la dovuta attenzione la rivendicazione dell’azione da parte dei seguaci del ‘Califfo’ Abu Bakr al-Baghdadi. Dal febbraio 2015, quando gli attacchi a intellettuali, blogger, stranieri ed esponenti di minoranze religiose si sono fatti sempre più frequenti, Isis e Al Qaida se li sono sistematicamente attribuiti, collezionandone oltre una ventina ciascuno. Fino alla strage nella Bakery del quartiere diplomatico di Gulshan-2, che l’Isis ha fatto sua assicurando attraverso Amaq, l’agenzia di stampa del ‘Califfato’, che è stata opera di un commando bengalese di cui si conoscono anche i nomi (oltre che i volti) dei cinque componenti: Akash, Badhon, Bikash, Don e Ripon. Erano seguiti da tempo dalle forze dall’intelligence locale, ha fatto sapere l’ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque. E stavolta all’interno del governo sono cominciate ad affiorare le prime divergenze. Fino a qualche mese fa la premier Sheikh Hasina ed i suoi ministri escludevano la presenza dell’Isis o di Al Qaida nel Paese, ripetendo che i colpevoli degli attentati non erano altro che i membri dell’opposizione guidata dal Partito nazionalista bengalese (Bnp) della ‘begum’ Zia Khaleda, ed in particolare il suo alleato Jamaat Islami.

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Membri del governo di Dacca: “L’Is non c’entra”. “Sono uomini giovani che hanno studiato e frequentato l’università. Nessuno di loro veniva da una madrassa (scuola coranica, ndr). Non c’è alcun legame con lo Stato Islamico” dichiara il ministro dell’Interno Asaduzzaman Khan, proseguendo in quell’atteggiamento di negazione del male, si chiami Is o Al Qaeda, già esibito dal governo bengalese davanti alle prime avvisaglie della minaccia del radicalismo islamista. Khan aggiunge che i terroristi “erano membri di Jamaeytul Mujahedeen Bangladesh”, gruppo jihadista bandito nel Paese da oltre un decennio, collegato a Jamaat e-Islami (alleato del principale partito di opposizione, il nazionalista Bnp guidato da Zia Khaleda), e all’Isi, i servizi pakistani. Sulla stessa linea il capo della polizia locale, Shahidul Hoque: gli inquirenti stanno esaminando l’ipotesi di “collegamenti internazionali” e ci sono sospetti su “membri importanti di Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh”. Intervistato dal quotidiano The Daily Star, Hoque aggiunge che dei sei terroristi, almeno cinque erano ricercati da tempo. 

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