Gli Usa e i servitorelli italiani

Adesso abbiamo avuto le prove (parziali) che gli Usa seguono da vicino i comportamenti dei loro servitorelli, in specie i più scadenti e inetti. [Gianfranco La Grassa]

Gli Usa e i servitorelli italiani
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3 Marzo 2016 - 16.35


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di Gianfranco La Grassa

[url”Questa è la solita verità detta a metà”]http://www.ilgiornale.it/news/politica/usa-lex-pci-voleva-rovinare-berlusconi-e-tutte-sue-aziende-1230215.html[/url], anzi piuttosto di sbieco e quindi con angolazione distorta. Fin dal 1994 dissi che cos’era “mani pulite” e a quale manovra sostanziale statunitense rispondeva. Per sommi capi ripeto tutto quanto ho detto in questi anni e rifaccio, a modo mio, la storia dell’ultimo mezzo secolo.

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A partire, diciamo, dal 1969 (vicesegreteria di Berlinguer) si mise in moto la svolta segreta, assai mascherata, del Pci verso il filo-atlantismo. Inizialmente, si dovette essere molto cauti; la grande maggioranza del partito e soprattutto la sua base era filo-russa. Anche nella polemica con i comunisti cinesi e filocinesi (maoisti), il Pci rimase su posizioni filo-Urss. Non si poteva certo svoltare bruscamente verso gli Usa con l’Unione Sovietica ancora largamente in piedi. Tuttavia, iniziarono le “scaramucce”. Era l’epoca dei colonnelli in Grecia guidati da Papadopoulos dal 1967 (colpo di Stato militare) fino al 1973; e poi ci fu un anno di Ioannides. Infine, nel 1974 torna da Parigi il conservatore Karamanlis, gli viene affidato il governo in attesa delle elezioni che lo confermeranno premier greco in regime di “democrazia”.

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Durante il predominio militare, gli Usa lo appoggiarono costantemente dal punto di vista ufficiale. Tuttavia, sapevano della debolezza dei colonnelli e quindi mantenevano altre porte aperte tramite quelli che ho proposto di denominare “ambienti di riserva”. Non necessariamente questi si oppongono a quelli “ufficiali”; anzi in genere agiscono di complemento, sono appunto una alternativa per quando il clima muta in modo tale da esigere cambiamenti anche ufficiali. Certe “notiziole” le so abbastanza per via diretta, ma non ho per testimoni che i miei occhi e orecchie; e inoltre determinate trame le ho capite a poco a poco, all’inizio ero piuttosto disorientato sul significato di quanto potevo venire a conoscere (imperfettamente). Quindi racconterò solo per via indiretta. Gli “ambienti di riserva” tenevano già rapporti (prevalenti) con settori conservatori ma “democratici”, tipo quelli di Karamanlis. Tuttavia, vi erano pure contatti con forze di opposizione greche ben più radicali; e perfino con una frazione dei comunisti che si era staccata dalla maggioranza rimasta filosovietica, dando vita al partito comunista (greco) dell’interno, che poi farà parte dell’“eurocomunismo” patrocinato appunto dal Pci della segreteria Berlinguer (dal 1972).

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Questa corrente europea del comunismo non abbandonò subito il suo nome (in Italia, ad esempio, si aspetterà l’implosione dell’Urss), ma iniziò già allora i suoi spostamenti circospetti verso gli Usa. Non dico che tutto sia avvenuto senza contrasti; anche da parte statunitense, del resto, perché molti non si fidavano di un partito da così lungo tempo legato all’Urss e che non doveva perciò mettere il naso nella Nato o altro del genere. Tuttavia, i contatti, magari un po’ “asmatici”, continuarono; e il famoso “compromesso storico” (tra Dc e Pci e avversato dal Psi quando Craxi arrivò alla segreteria socialista nel 1976) era proprio un prodotto della progressiva, e a volte tortuosa, svolta piciista verso gli Usa. Si capiscono poco gli “anni di piombo” (e il sedicente “terrorismo”) in Italia negli anni ’70 (o magari l’incidente/attentato a Berlinguer a Sofia nel 1973), se non si parte da quanto il Pci stava compiendo in fatto di giravolta rispetto alle sue posizioni di un tempo.

Complicato è sapere fino a che punto i settori piciisti detti di “destra” (o amendoliani) siano stati favorevoli a simili manovre. Secondo me, Amendola (pur fondamentalmente riformista e critico dell’Urss) restò comunque su posizioni tradizionali del partito nello schieramento internazionale. Il cosiddetto n. 2, Napolitano, si rivelò invece uno dei maggiori fautori della svolta; e lo era già nei maneggi compiuti dal Pci in favore del partito comunista greco dell’interno (e della sua scissione dal partito comunista principale), che aiutarono infine la sostituzione dei colonnelli con un Karamanlis, da considerarsi personaggio di “destra” (allora la distinzione destra/sinistra aveva ancora qualche significato). Capire invece la funzione della sedicente “sinistra” piciista (gli “ingraiani”), e della loro frazione buttata fuori nel ’69 (“Il Manifesto”), è assai più complicato. Nella sostanza, mi sembra evidente che essa appoggiò Berlinguer contro Amendola, ma penso che non conoscesse a fondo gli intendimenti del sardo. Certamente, la confusione era notevole poiché la frazione di “sinistra” rappresentata da “Il Manifesto” era in parte maoista e, nello stesso tempo, dubcekiana (favorevole al ’68 praghese, fenomeno di puro antisovietismo appoggiato anche dagli “occidentali”, cioè dagli Usa in definitiva). Diciamo che di idee chiare su quanto stava avvenendo ce n’erano pochine.

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Nel 1978 si verificano due eventi cruciali che accelerano determinati svolgimenti: il rapimento e poi l’uccisione di Moro e il viaggio di Napolitano negli Usa svolto nello stesso periodo della cattività del dirigente democristiano. Ho detto mille volte che la storia del caso Moro è stata alterata a più non posso; in particolare, egli non è stato ucciso perché favorevole al “compromesso storico” – cui era invece contrario, malgrado mantenesse un atteggiamento cautamente tattico – ma perché conosceva bene (dai fatti greci e ancor più da quelli cileni) le trame del Pci in direzione degli “ambienti di riserva” americani. Non c’è alcuna prova che il Pci sia stato complice del fattaccio; non ne è stato però scontento perché, se Moro fosse uscito vivo dalla vicenda, con quello che sapeva e di cui aveva probabilmente documenti e informazioni varie avrebbe creato molti intralci non solo all’accordo parziale con la Dc, ma anche ai rapporti tra ambienti piciisti e statunitensi. E si tenga presente che all’epoca il Pci aveva ancora una forte presenza di filosovietici negli stessi vertici del partito; per non parlare della maggioranza della base militante, in particolare di quella operaia ancora forte prima della sconfitta alla Fiat nel 1980 (“marcia dei 40.000” quadri dell’azienda torinese, ecc.).

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Andreotti (e anche altri dirigenti democristiani) sapevano, io credo, quel che sapeva Moro. Non si poteva però in quel momento essere sicuri di come sarebbero andate in seguito (dopo ben 15 anni) le cose. Una parte della Dc (la maggioranza, io credo, di quella detta “di sinistra”) era di fatto compartecipe delle stesse trame degli ex Pci, essendo particolarmente prona ai voleri degli ambienti americani (e non solo di quelli “di riserva”). Credo comunque si possa pensare che Andreotti capì d’aver sbagliato a non prendere il posto di Moro contro le manovre piciiste. Quando crollò il “muro di Berlino” era particolarmente preoccupato e “pensoso”, per nulla trionfalista; capiva che cosa sarebbe accaduto. Strano invece il comportamento di Craxi. Sembrò sempre convinto, fino alla fine, di avere in fondo prevalso sul Pci. Fu incoraggiato dalla vittoria nel referendum sulla scala mobile (1985) e si mostrò particolarmente entusiasta nel momento della fine del campo “socialista” e poi dell’Urss.

E’ però strano che non afferrasse quanto si stava svolgendo tra Pci e certi settori politici degli Usa. Dobbiamo sospendere ogni ipotesi in mancanza di maggiori informazioni; salvo notare i limiti culturali del segretario socialista, che perfino credé di mettere in difficoltà gli avversari contrapponendo il “nano” Proudhon ad un pensatore del calibro di Marx. Questo però non basta a spiegare l’incomprensione della sconfitta, inizialmente scambiata per vittoria; perché, in effetti, la fine dell’Urss consentiva il pieno dispiegarsi delle manovre degli “ambienti di riserva” americani e il loro prevalere sui dubbi ancora esistenti nell’establishment statunitense sull’opportunità di sostituire il “regime” Dc-Psi con l’avvento degli ex piciisti dove, morto Berlinguer, si affermarono quelle “insostituibili” (per gli Usa) mediocrità dei vari Occhetto, D’Alema, Veltroni e via via …sempre peggiori.

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Superati gli anni ’80 – e le varie idiozie dei “sinistri” (e non solo le loro, purtroppo) riguardo alle speranze per l’avvento di uno molto simile a loro in Urss (Gorbaciov) – si arriva appunto allo sfacelo completo del “socialismo” sul piano internazionale; e poi, in Italia, all’operazione giudiziaria guidata da un altro “opportuno amico” degli Usa infilato nella magistratura, che convinse senza più dubbi quel paese-padrone a sostituire il vecchio centrosinistra della prima Repubblica con i “rinsaviti” del Pci; accompagnati da una serie di frange democristiane (di “sinistra”) e socialiste (anche qui un “fedele” di Craxi come Amato). Il gioco era fatto. Lo rovinò – beh, solo in parte, non credo a simile potere di singoli individui – la stupidità di D’Alema, che minacciò rovina e impoverimento per Berlusconi; il quale non aveva per nulla deciso di gettarsi in politica. Tanto è vero che, tirato per i capelli, tentò ancora di trovare altri sostituti da appoggiare, e pensò per un momento di averli trovati quando ci fu l’accordo tra Maroni (cioè la Lega) e Mario Segni, accordo fatto saltare da Bossi in 24 ore (altra pagina per nulla chiara). Alla fine “el poer nano” decise d’entrare in campo. Iniziò così quel ventennio (ormai abbondante) che è il peggior periodo politico della “povera Italia”.

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Tuttavia, sia chiaro che il degrado non è stato per nulla colpa di Berlusconi, ma dell’incapacità degli ex piciisti di essere almeno dei “buoni servi” degli Stati Uniti o di loro ambienti ormai decisivi in quel momento. Non sapendo servire, essendo di una mediocrità spaventosa – e attorniatisi di un ceto intellettuale fra i più verminosi che abbia avuto il nostro paese – hanno solo demonizzato il “nano” e insistito nel rivolgere contro di lui la “mano giudiziaria”, che aveva fornito loro l’occasione di sostituire Dc e Psi alla guida del paese. Non erano in grado di farlo, come non lo sono adesso con uno ancora più mediocre (politicamente e intellettualmente) qual è l’attuale premier (il “garzone di barbiere” toscano; e non si offendano per favore i garzoni di barbiere, è solo un modo di dire come quando si offende uno dicendogli che è “una bestia” o “un asino”, senza certo voler mettere in dubbio l’intelligenza degli asini e delle bestie in genere).

Arrivati a questo punto, è del tutto possibile che i settori politici italiani (ex piciisti in testa), autori delle trame condotte con gli “ambienti di riserva” statunitensi (ormai divenuti di fatto quelli “ufficiali”), abbiano svolto pure alcune iniziative pseudopolitiche antiberlusconiane con un minimo di spinta in proprio, coadiuvati dai peggiori presidenti della Repubblica in carica in questo paese (che non ne ha certo avuti di “brillanti” e degni di autentica stima). E’ indubbio che Berlusconi – al di là di certe iniziative prese tra il 2003 e il 2009-10, forse anche per interessi personali – non è mai stato antiamericano; poteva dunque contare su simpatie in quel paese. Tuttavia, liquidati Dc e Psi, gli ex piciisti sembravano garantire agli Usa una ancor migliore servitù; e così sono stati “relativamente” preferiti, lasciando margini di manovra alle idiosincrasie e alle meschinità contrapposte dell’intero arco delle forze sedicenti politiche italiane, autentiche marionette per null’affatto divertenti, anzi disgustose al massimo grado.

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Tutto questo può anche spiegare il ritrovamento di alcuni documenti, in particolare di certe relazioni di ambasciatori americani dirette ai loro vertici politici, che sembrano indicare un qualche distanziarsi (minimo peraltro) statunitense dalle vicende specifiche della lotta antiberlusconiana della “sinistra”. Del resto, come ho messo in luce più volte, quando Berlusconi si è inchinato a Obama al G8 di Deauville nel maggio del 2011, gli ambienti dirigenti statunitensi avevano già trovato la loro soddisfazione. E’ stata innanzitutto la paura dell’orrenda “sinistra” di essere prevaricata dal “nano” ad aver dato ulteriore spinta all’antiberlusconismo, mobilitando tutte le residue forze della “loro” magistratura. E i vertici Usa si sono limitati a registrare il gioco che sicuramente non andava a loro svantaggio; tuttavia, anch’essi hanno logicamente seguito l’andamento delle diverse vicende, tenendo solo sotto controllo la “lite nel pollaio”.

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Per il momento avrei finito la mia sintetica storiella. Adesso abbiamo avuto le prove (parziali) che gli Usa seguono da vicino i comportamenti dei loro servitorelli, in specie i più scadenti e inetti. Con questa certezza, del resto già nostra da molto tempo, seguiremo ancor meglio gli inverecondi “subbugli” che si verificano in quel “caravanserraglio” per il momento ancora chiamato Italia: un misero (e miserabile) paese, luogo di caos e sfacelo politico, culturale, morale e… d’ogni altro genere. Arrisentirci.

(1 marzo 2016)

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