Gentiloni: in Libia servono attività mirate anti Isis

Il ministro degli Esteri ha spiegato che bisogna stabilizzare la Libia per frenare le ondate migratorie e ha chiesto più soldi all'Ue.

Paolo Gentiloni
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16 Aprile 2015 - 09.57


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Il ministro degli Esteri Gentiloni è tornato a parlare della Libia: se non si riuscisse a stabilizzare la regione, si renderebbero necessarie «attività mirate antiterrorismo» contro l’Isis e azioni per frenare le ondate migratorie. Il ministro ha inoltre invitato l’Ue a «non chiudere le porte» alla Turchia. «Il doppio rischio dell’avanzata del Daesh e delle ondate migratorie ci costringe a correre contro il tempo. L’intesa è possibile ma non abbiamo davanti mesi».

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Se non si riuscisse a far nascere un’intesa politica, «ci sono piani alternativi per il contenimento dei rischi. Non parliamo di piani B ma di attività mirate antiterrorismo, ad esempio nel quadro della coalizione anti-Daesh, di azioni contro il traffico di esseri umani e di collaborazione per l’accoglienza dei rifugiati con Paesi vicini», ha spiegato. Si tratta di attività con «solo una funzione di contenimento, altra cosa è stabilizzare la Libia».

Per l’emergenza migranti, all’Europa Gentiloni ha chiesto «più soldi innanzitutto. E poi c’è un problema più delicato: il soccorso in mare porta la decisione su dove le persone salvate devono essere indirizzate: nel porto sicuro più vicino? Nel Paese di origine del natante che li recupera? La Ue deve rispondere con chiarezza».

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Il ministro ha poi commentato le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno: «Le autorità turche continuano a prendere posizioni che considero fuori misura», ma «credo che la posizione di apertura vada mantenuta», dichiara il ministro.

Infine sulll’Ucraina ha spiegato: «Se nei prossimi mesi ci fosse un’evoluzione positiva, sarebbe giusto dare un segnale sul fronte delle sanzioni. Ma a chi presenta questa posizione come troppo ‘morbidà, dico che non accettiamo lezioni da nessuno sul rigore con cui applichiamo le sanzioni, che non è inferiore a quello di altri Paesi europei».

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