Palestina, dal Muro di Separazione è uscito un pallone

L’artista palestinese Khaled Jarrar usa pezzi della barriera israeliana per fare arte. E raccontare al mondo il significato dell’apartheid contro la popolazione palestinese.

Palestina, dal Muro di Separazione è uscito un pallone
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10 Dicembre 2012 - 18.30


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di Rossana Zena

Il Muro di Separazione per raccontare l’apartheid palestinese. Questa l’idea dell’artista e attivista palestinese, Khaled Jarrar, per mostrare al mondo attraverso l’arte la situazione in cui riversa la popolazione palestinese a causa della barriera israeliana, in costruzione dal 2002. Jarrar ha deciso di tagliare pezzi del Muro, mescolarli con acqua e cemento e crearne un pallone: “Il Muro è causa di separazione, che voglio veder cadere. Ma il pallone unisce i popoli”.

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L’artista descrive il suo progetto come il primo tentativo palestinese di “riciclare” il Muro: un mezzo di separazione può diventare uno strumento di unità. L’obiettivo di Jarrar è mostrare al mondo come il Muro divide le famiglie, incide sulle loro vite e crea danni all’ambiente: “Quando hanno costruito il Muro, ho pensato che dovevo farlo a pezzi perché è un elemento che influisce sulla nostra vita. Ma tagliarlo non bastava, non era abbastanza creativo. Come artista il mio messaggio è far vedere l’ingiustizia attraverso l’arte”. Sperando che un giorno la gente possa vendere i pezzi del Muro proprio come hanno fatto i tedeschi a Berlino.

Ma di certo tagliare pezzi del Muro è illegale per le autorità israeliane e quindi molto rischioso. Un video girato dai suoi amici ritrae Khaled mentre ne prende dei pezzi, esponendosi denunce e arresto.

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Jarrar ha da sempre esposto le sue opere d’arte in città e zone chiave della resistenza palestinese. La sua prima galleria d’arte è stata creata vicino ad un posto di blocco israeliano poco fuori Nablus. Nel 2007, ha esposto alcune fotografie su una parete mobile, che ha posizionato vicino al posto di blocco di Al-Huwara. Ha intitolato l’esibizione “Mostra itinerante al posto di blocco”.

Oggi la sua galleria d’arte si trova in una vecchia casa del campo profughi di Qalandiya (oltre 11.000 rifugiati provenienti da 52 villaggi diversi), violentato dal Muro di Separazione. Qui sta il famigerato checkpoint militare israeliano che separa il Nord della Cisgiordania da Gerusalemme.

Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha stabilito che la costruzione del Muro è illegale secondo il diritto internazionale, giungendo alla conclusione che Israele deve smantellare la barriera e pagare un risarcimento per le perdite ed i danni causati.

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Eppure il Muro è diventato anche uno strumento d’arte: molti artisti, tra cui il celebre graffitaro britannico Bansky, hanno dipinto sopra la grigia barriera. Nell’obiettivo di aprire gli occhi del mondo sul regime di apartheid israeliano contro la popolazione palestinese.

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