Le président normal che ha cambiato la Francia

I socialisti hanno la maggiornaza assoluta all'Assemblée nationale, avevano già la maggiornaza al Senato e governano gran parte delle regioni.<br>

Le président normal che ha cambiato la Francia
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19 Giugno 2012 - 21.31


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di Valentina Longo

Le legislative di domenica 17 giugno hanno incoronato il Partito socialista francese per una seconda volta, dopo che il voto del 6 maggio ha assegnato a François Hollande la poltrona di capo dell’Eliseo. La maggioranza assoluta all’Assemblée Nationale, la camera bassa francese, era il principale degli obiettivi del neopresidente, unico socialista dopo François Mitterrand, poiché lo spettro della “coabitazione” con il centrodestra agitava non poco i vincitori.

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I timori erano più che giustificati: al primo turno delle presidenziali (il 22 aprile) il risultato dell’Ump di Sarkozy non è stato così negativo (il 27,1 per cento della coalizione di centrodestra contro il 28,6 per cento della coalizione della gauche) e inoltre la destra lepeniana, nella versione che ne propone Marine, popolarissima figlia del “vecchio” Jean-Marie, è arrivata quasi al 18 per cento – anche se poi a trovarsi fuori dal parlamento ora è proprio la Le Pen.

Oggi il partito guidato da Martine Aubry può contare dunque su una solida maggioranza a Palais Bourbon: 278 i suoi deputati, i radicali di sinistra sono 13, gli ecologisti 18 e gli altri della sinistra 24. Ai conservatori dell’Ump e ai loro alleati vanno 229 seggi e il Front national torna in parlamento con due seggi, uno dei quali assegnato all’altra Le Pen, Marion, la più giovane parlamentare della V repubblica. Per il MoDem solo due seggi, con lo storico leader centrista François Bayrou che resta clamorosamente fuori. Meno di un anno fa, poi, i socialisti hanno anche ottenuto la maggioranza al senato e guidano la maggior parte delle regioni (24 su 26), dei dipartimenti e delle grandi città.

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Ce n’è abbastanza per spiegare perché si parla di un presidente con tutti i poteri, di un Hollande che non può avere scuse di fronte alle sfide che attendono il paese e quindi non ha nessun margine di errore. Un inedito per questa repubbica, che tre origine da due fattori: la perdita di territorialità della destra e l’affermazione del “fatto presidenziale” e della “logica anti-coabitazione” del quinquennato. Una sorta di reinterpretazione del peso della figura presidenziale nel suo complesso che investe proprio il président normal, colui che appunto ha fatto della “normalità” la sua caratterizzazione.

Non solo, dunque, c’è un rafforzamento de facto del presidente incaricato e della figura stessa del capo dell’Eliseo, ma c’è la conferma che Hollande (e dietro di lui il Partito socialista) ha avuto ragione delle sue scelte e della strategia applicata: nel suo primo mese. Hollande è stato protagonista di un’intensa attività diplomatica e di un impegno straordinario nei confronti dell’Europa in crisi, ma ha anche lavorato già molto sul fronte interno, approvando misure innovative: dalla riduzione degli stipendi per le principali cariche dello stato al ritorno alla pensione a sessant’anni per alcune categorie di lavoratori.

Il “marchio” impresso alla sua presidenza non ha però riscosso solo approvazione. Queste misure, che vogliono segnare la distanza dalla politica di Sarkozy e che pure hanno contribuito a mantenere alto il consenso di Hollande, sono invece state giudicate parziali dalla destra, che mette l’accento sulle drammatiche cifre sulla disoccupazione in aumento (è al tasso più alto dal 1999, secondo l’Insee) e sul calo della produzione industriale.

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È qui che oggi l’amministrazione Hollande è attesa: alla prova delle riforme, del risanamento dei conti pubblici, del rilancio della crescita e dell’occupazione. «Nulla sarà facile. Nulla ci sarà regalato», è stato l’avvertimento del capo del governo Jean-Marc Ayrault alle prese con la ridefinizione della squadra (quella presentata prima delle politiche prevede infatti le dimissioni del primo ministro incaricato e poi la presentazione, giovedì, del nuovo esecutivo) che però non dovrebbe presentare sorprese, visto che tutti i ministri impegnati sono stati promossi dalle urne.

Per François Hollande è quindi l’ora di smettere di prendere le misure e attuare strategie “soft”, perché i numeri sono diventati realtà e la realtà incalza: in queste ore, con il G20 in corso in Messico e il quadrangolare di venerdi prossimo a Roma, sono già in corso di valutazione una serie di prime proposte economiche che ha presentato per stimolare la crescita.

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