Fotoracconto dalla Libia che gioisce e odia

Immagini da Sirte e Tripoli: gli aguzzini di ieri sono le vittime di oggi; le vittime di ieri sono gli aguzzini di oggi. La rivoluzione ha vinto. La democrazia ancora no.

Fotoracconto dalla Libia che gioisce e odia
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22 Ottobre 2011 - 10.06


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Molti gioiscono e si lasciano andare a scene di giubilo. Molti altri gioscono di meno: sono i lealisti fatti prigionieri e, in molti casi, giustiziati senza processo. Sono i “negri” (una nuova ondata razzista è denunciata da tempo) perseguitati, arrestati, uccisi o costretti ad andarsene con l’accusa di essere mercenari o sostenitori di Gheddafi.

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Gli aguzzini di ieri sono le vittime di oggi; e le vittime di ieri, in molti casi, sono gli aguzzini di oggi.

La rivoluzione libica ha vinto. La democrazia ancora no.

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Un gruppo di insorti esulta alla notizia della morte di Gheddafi

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Le prima vignette che raffigurano il Rais insanguinato e si fanno beffe della sua morte

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Un combattente si mette in posa per i fotografi. La guerra di Libia è stata anche una guerra di propaganda e prima o poi bisognerà rileggere gli avvenimenti dei mesi passati

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La pistola d’oro diventata simbolo dell’uccisione di Gheddafi. Nei momenti concitati subito dopo la sua morte si era detto che ne fosse in possesso il Rais e che uno degli insorti l’avesse usata per sparargli il colpo mortale. Ma cosa sia accaduto in quesi momenti non è ancora chiaro.

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La guerra ha lasciato ovunque morte e distruzioni. C’è chi ha perso tutto. Chi ha guadagnato molto. E sicuramente chi farà affari d’oro gestendo la ricostruzione. E chissà se la corsa all’appalto non sia già cominciata.

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Il capo della Cnt Mustafa Abdel Jalil. Uniti dalla lotta a Gheddafi, i ribelli sono divisi al loro interno. Fazioni contrapposte, kabile rivali, influenza sempre più forte della componente salafita, che sogna una Libia radicalmente islamica. Trovare un equilibrio politico e una nuova unità del paese non sarà facile. Il cammino per la democrazia sarà lungo e, si teme, nulla affatto indolore.

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