Bobby Sands, il patriota irlandese che si lasciò morire di fame per protesta nelle carceri britanniche
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Bobby Sands, il patriota irlandese che si lasciò morire di fame per protesta nelle carceri britanniche

Il 5 maggio 1981 quando Bobby Sands morì nella prigione di Maze, a pochi chilometri da Belfast. Uno sciopero della fame contro la decisione di Londra di trattare i separatisti alla stregua di detenuti comuni

Bobby Sands, il patriota irlandese che si lasciò morire di fame per protesta nelle carceri britanniche
I funerali di Bobby Sands
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5 Maggio 2023 - 10.04


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Oggi si parla molto di Cospito e del suo sciopero della fame che rischia di portarlo alla morte.

E torna in men te – seppure in un contesto totalmente diverso e non paragonabile a ciò che sta accadendo in Italia – la tragica storia di Bobby Sands (e di molti altri irlandesi che volevano un Ulster indipendente) che si lasciarono morire nelle carceri britanniche mentre l’impassibile e disumana Margaret Thatcher non mosse un dito.

Bisogna tornare al 5 maggio 1981 quando Bobby Sands morì nella prigione di Maze, a pochi chilometri da Belfast. 

Bobby aveva 27 anni e si lasciò morire per protesta a causa dello sciopero della fame che aveva iniziato per contestare contro l’abolizione dello status di “categoria speciale”. 

Di cosa si trattava? Lo Special Category Status (SCS) veniva garantito a partire dal 1972 a tutte le persone che venivano arrestate per cause legate al movimento separatista dell’Irlanda del Nord. La sua abolizione era vista dal movimento come una misura per criminalizzare la lotta politica e allontanare la questione dell’Irlanda del Nord dal piano politico per renderla solo un problema di ordine pubblico. Una precisa scelta politica di Londra per essere ancora più sorda alle istanze dei repubblicani irlandesi.

Bobby Sands, quando iniziò la protesta, stava scontando una condanna a 14 anni per possesso di arma da fuoco. A Maze erano detenuti diversi altri appartenenti al movimento separatista, solitamente imprigionati per possesso di armi e attività paramilitari come attentati e omicidi. 

A partire dalla metà degli anni Settanta le proteste dei detenuti erano continue, e includevano il rifiuto di indossare l’uniforme della prigione e di chiamare le guardie “signore”, oppure la cosiddetta “protesta sporca”, che consisteva nel ridurre gli ambienti del carcere in condizioni igieniche terribile imbrattando i muri e rifiutando di lavarsi. 

Di fronte a questa situazione la risposta del governo di Londra fu si assoluta chiusura: l’amministrazione carceraria rispondeva con l’isolamento e i pestaggi mente  Margaret Thatcher negava ogni dialogo dicendo che i carcerati non rappresentavano nessuno e non avevano dunque alcun diritto ad essere ascoltati.

Bobby Sands iniziò lo sciopero della fame il primo marzo 1981, chiedendo che ai detenuti per il separatismo nordirlandese venisse riconosciuto lo status di prigionieri politici o di guerra e non quello di criminali comuni. 

Sands decise che altri detenuti avrebbero potuto seguirlo, ma preferibilmente a distanza di qualche settimana, in modo da guadagnare più attenzione da parte dei mezzi di comunicazione. Sands fu il primo a morire, dopo 66 giorni. 

Venticinque giorni prima, mentre portava avanti lo sciopero, fu eletto alla Camera dei Comuni britannica nella circoscrizione di Fermanagh and South Tyrone: il fatto diede notorietà internazionale alla protesta della prigione di Maze, a cui parteciparono altri ventidue detenuti. Nove di questi lo portarono avanti fino alla morte. Lo sciopero venne sospeso solo il 3 ottobre.

Margaret Thatcher parlò della protesta come dell’”ultima carta dell’IRA”, ma la previsione si rivelò essere clamorosamente sbagliata. Il supporto al movimento repubblicano aumentò notevolmente e il partito politico legato all’IRA, il Sinn Féin, crebbe fino a diventare il maggior partito dell’Irlanda del Nord.

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