Jesse Owens, la leggenda dell'atletica che ha sconfitto Hitler
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Jesse Owens, la leggenda dell'atletica che ha sconfitto Hitler

Nel 1936 Owens vinse quattro ori alle Olimpiadi di Berlino che erano state fortemente volute da Hitler per magnificare il regime nazista. È stato una leggenda dell'atletica

Jesse Owens, la leggenda dell'atletica che ha sconfitto Hitler
Jesse Owens
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12 Settembre 2023 - 01.50


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Una leggenda. Il velocista e saltatore protagonista assoluto delle Olimpiadi di Berlino del 1936 che sotto gli occhi di Hitler, ossia del criminale politico più razzista della storia (per il nazista c’era solo la razza ariana mentre i neri erano sub-umani e gli ebrei da sterminare) vinse quattro ori olimpici.

James Cleveland Owens, chiamato Jesse dalle iniziali J.C., prima di diventare un vero e proprio mito dell’atletica leggera, fece diversi umili lavori, dal lustrascarpe al fattorino, dal giardiniere al gelataio.

Nato il 12 settembre 1913 a Oakville, Alabama, all’età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Cleveland, nello stato dell’Ohio. All’inizio della sua storia Jesse conosce miseria e povertà, e vive secondo la filosofia di “arrangiarsi per vivere”, come altri milioni di ragazzi neri nel periodo della depressione americana.

Jesse Owens mostra fin da giovane un evidente talento per le discipline sportive. Non possiede i soldi necessari a comprare costose attrezzature per praticare altri sport diversi dall’atletica leggera, così si dedica alle discipline della corsa. Negli Stati Uniti è il periodo caldo della segregazione razziale quando nel 1933 Owens è costretto ad alcune difficili esperienze: vive all’esterno del campus universitario con altri atleti afro-americani, nei viaggi con la squadra sportiva pranza in ristoranti per soli neri. Nel periodo degli studi continua a lavorare per pagarsi l’università.

Nell’anno che precede le Olimpiadi che lo faranno assurgere a re dell’atletica, il 25 maggio 1935 ai campionati del Middle West presso l’Università del Michigan, Owens sbalordisce l’intero paese e fa conoscere il suo nome oltreoceano. In quello che nella sua autobiografia, “The Jesse Owens Story”, lui definisce day of days, Jesse Owens (scende in pista all’ultimo momento perché reduce da un infortunio alla schiena) in un lasso di tempo inferiore ad un’ora eguaglia il record mondiale nei 100 metri, stabilisce quello nel salto in lungo (con 8,13 metri è il primo uomo a superare la misura degli 8 metri), vince la gara dei 200 metri e quella dei 200 metri a ostacoli.

Il suo nome è legato a doppio filo con la storia per le circostanze che lo hanno visto campione e atleta-simbolo delle Olimpiadi di Berlino del 1936, e protagonista di un famoso episodio.


Ai Giochi Olimpici Owens vince ben 4 medaglie d’oro: nei 100 metri (stabilisce il record mondiale: 10,3”), nei 200 metri (record olimpico: 20,7”), nel salto in lungo (record olimpico: 806 cm) e nella staffetta 4 x 100 (record mondiale: 39,8”). Bisognerà attendere 48 anni, alle Olimpiadi di Los Angeles 1984, per vedere un altro uomo, l’americano Carl Lewis, capace di ripetere l’impresa di Owens.

Per Hitler i Giochi furono l’occasione per propagandare gli ideali del “Terzo Reich” e per dare valore e risalto alla superiorità della razza ariana. Lo stesso fuhrer fu presente sulle tribune dell’Olympiastadion, gioiello architettonico con una capienza di 100 mila posti, quando Owens vinse le sue gare, ma narra la leggenda che si rifiutò di stringere la mano ad Owens.

In questo contesto vi è un altro episodio che ha delle caratteristiche commoventi per il suo tragico epilogo: Luz Long è l’atleta tedesco per cui Hitler stravede e su cui la Germania conta per la vittoria nella gara del salto in lungo. Nel periodo che precede la gara, sul campo, vengono gettate le basi di quella che sarà una sincera amicizia tra l’atleta americano e il tedesco Long. Owens sbaglia due dei tre salti di qualificazione. Prima del terzo salto è proprio Luz Long, che conosce bene la pedana, a suggerire a Owens di anticipare la battuta e permettergli così di superare la misura di qualifica. Dopo la conquista della medaglia d’oro di Owens, Long è il primo a congratularsi.

Negli anni seguenti i due si manterrano in contatto scrivendosi più volte. Negli anni della guerra Long è ufficiale dell’esercito tedesco: si trova in Italia, a Cassino, quando riceve la notizia che la moglie ha dato alla luce suo figlio. Nell’occasione scrive a Owens una lettera nella quale chiede all’amico di far sapere a suo figlio, in futuro, semmai la guerra fosse finita, di quanto sia importante l’amicizia nella vita e di come essa sia possibile nonostante gli orrori e le divisioni che la guerra comporta.

Luz Long morirà il 14 luglio 1943 dopo essere stato gravemente ferito nella famigerata battaglia di Cassino. A guerra finita Owens impiegherà diverso tempo a rintracciare la famiglia dell’amico. Trascorsi diversi anni, Owens sarà presente al matrimonio del figlio di Long in qualità di ospite d’onore.

Jesse Owens, il lampo d’ebano, come molti giornali l’avevano ribattezzato, è morto di cancro ai polmoni all’età di 66 anni a Tucson (Arizona) il 31 marzo 1980. Nel 1984 alla sua memoria è stata dedicata una strada di Berlino.

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