Milano-Sanremo: Matej Mohorič, lo sloveno che non ti aspetti

Mohorič ruba la Classicissima al connazionale Pogačar e al favoritissimo Van Aert. Van der Poel vincitore morale

Milano-Sanremo: Matej Mohorič, lo sloveno che non ti aspetti
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19 Marzo 2022 - 18.17 Culture


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di Lucia Mora

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Presagi poco rassicuranti

Le premesse di questa Milano-Sanremo 2022 non potevano certo dirsi ottime. Su un borsino di sei favoriti, in quattro hanno dato forfait. Sonny Colbrelli (Bahrain Victorious), clamoroso vincitore dell’ultima Parigi–Roubaix: bronchite. Julian Alaphilippe (Quick-Step Alpha Vinyl), campione del mondo in carica e vincitore della Milano-Sanremo 2019: bronchite. Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), campione uscente della Milano-Sanremo: bronchite. Caleb Ewan (Lotto Soudal), tra i migliori velocisti in circolazione e secondo alla Milano-Sanremo 2018 alle spalle di Vincenzo Nibali: bronchite.

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L’anticamera di basse temperature che separa inverno e primavera ha falcidiato corridori su corridori senza alcun riguardo. Del resto, basti pensare che nella tappa del Carpegna della Tirreno-Adriatico, esattamente una settimana fa, all’arrivo c’erano due gradi sotto zero. Tadej Pogačar (UAE Emirates), vincitore della tappa e dell’intera Corsa dei Due Mari, ha dominato la salita del Cippo di Carpegna con la caratteristica nuvola di condensa davanti alla bocca, a testimonianza del freddo patito dai corridori.

Nonostante il dispiacere di non vedere in gara ciclisti che avrebbero sicuramente potuto dire la loro, però, the show must go on. Anzi, a giudicare dai due favoriti rimasti, lo spettacolo sembra comunque garantito: il sopracitato Pogačar, dopo essersi portato a casa Strade Bianche e Tirreno, non ha alcuna intenzione di restare a guardare; così come Wout Van Aert (Jumbo-Visma), il vincitore della Milano-Sanremo 2020 che è a caccia di bis con il supporto di un vero e proprio dream team (in quanti possono vantare un gregario come Primož Roglič?).

La corsa

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Come da previsioni, la corsa esplode ai meno 50 chilometri dal traguardo. In cima a Capo Mele, il nervosismo in gruppo è palpabile: smorfie di fatica cominciano a dipingersi sui volti, l’andatura aumenta, i big di giornata si portano in testa. Da questo momento in poi non si scherza più, perché tutti vogliono arrivare alla Cipressa in ottima posizione. Il motivo è molto semplice: la Cipressa rappresenta per tradizione lo spartiacque ideale della corsa, dove chi non è velocista cerca di scompigliare le carte in gioco per fare selezione.

Lo sa bene anche Pogačar, cui non si deve certo spiegare come vincere una classica monumento (non dopo una Liegi-Bastogne-Liegi e un Giro di Lombardia come quelli della scorsa stagione). Infatti eccolo lì, il “bimbo” sloveno, che parla tranquillamente alla radio come se non stesse spingendo a tutta su una delle salite più impegnative della corsa. Del resto c’è Davide Formolo a fare un lavoro strabiliante per lui in testa al gruppo, nella speranza di mettere in difficoltà qualche avversario. Il team emiratino vuole rendere la corsa il più dura possibile e il ghigno affaticato del povero Formolo non lascia dubbi a riguardo.

Mentre Peter Sagan (TotalEnergies) cerca disperatamente di recuperare posizioni in gruppo in seguito a uno sfortunato problema meccanico, il vantaggio della fuga si riduce sempre di più. Alessandro Tonelli (Bardiani-CSF-Faizanè) e Samuele Rivi (Eolo-Kometa) sono gli ultimi superstiti di un attacco partito fin dal chilometro zero e alla coppia va l’enorme plauso di aver difeso con le unghie uno sforzo durato più di 280 chilometri, portando a casa una delle fughe più durature di sempre.

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Ci siamo: il momento clou della gara – cioè il Poggio – si avvicina. Si viaggia a una media che supera i 50 km/h e il delirio comincia così, sotto a una pioggia di borracce, perché arrivati a questo punto ogni peso è superfluo. La tensione è alle stelle e a chi guarda non è concesso neanche un secondo di respiro, grazie ai ripetuti attacchi di UAE (con un Pogačar più agguerrito che mai) e Jumbo-Visma (con un Van Aert che non molla la ruota dello sloveno neanche per idea).

Il tentativo di scremare il gruppo però non riesce e anzi, è proprio tra i due litiganti che il terzo gode. Soprattutto quando il terzo si chiama Matej Mohorič (Bahrain Victorious), già vincitore di alcune tappe alla Vuelta a España, al Giro d’Italia e al Tour de France. Discesista fenomenale e aiutato da un reggisella telescopico, Mohorič sorprende tutti attaccando in discesa con una determinazione e una spericolatezza tali da rischiare il battesimo sull’asfalto in almeno un paio di occasioni.

Il vantaggio che riesce a guadagnare è significativo e ormai tutti alle sue spalle sanno che andare a chiudere su di lui significa spendere troppe energie e, di conseguenza, perdere la Sanremo. Ci prova solo Anthony Turgis (TotalEnergies), orfano del proprio capitano Sagan, ma non c’è più nulla da fare: Mohorič arriva al traguardo con le braccia al cielo. Una vittoria tanto imprevedibile quanto meritata.
Impossibile però non decretare anche un vincitore morale di questa Milano-Sanremo, ovvero Mathieu Van der Poel (Alpecin-Fenix), arrivato sul gradino più basso del podio: questa è la sua prima corsa dopo uno stop forzato di tre mesi causato da alcuni problemi alla schiena e, almeno in teoria, oggi era al via solamente per mettere chilometri nelle gambe. Non male come rientro, Mathieu.

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