Covid e Serie A, il nuovo protocollo: partite rinviate solo se positivo il 35% del 'gruppo squadra'

C'è una nuova interpretazione del numero dei disponibili: ora il metro è il "gruppo squadra", nel quale non dovrebbero essere inclusi i giocatori non professionisti, i Primavera.

Covid e Serie A, il nuovo protocollo: partite rinviate solo se positivo il 35% del 'gruppo squadra'
Calcio
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12 Gennaio 2022 - 19.44


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Ha avuto vita breve il protocollo Covid per la Serie A che era stato votato meno di una settimana fa. Un altro è stato ratificato da un’intesa in Conferenza Stato-Regioni, e ridisegnato come format da utilizzare per tutti gli sport di squadra.

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Il documento, che prima di diventare una circolare del governo dovrà comunque passare l’esame del comitato tecnico scientifico, fissa un principio: le partita verranno rinviate solo al raggiungimento di una soglia di positività del 35% all’interno del “gruppo squadra”. 

I 13 disponibili previsti come limite invalicabile di sopportazione dal precedente protocollo della Serie A non esistono più. E anche se ora la Lega lo rivenderà come una piccola vittoria contro lo strapotere disordinato delle Asl, di fatto rimette il governo in sella e l’autogestione privatistica del calcio al suo posto.

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c’è una nuova interpretazione del numero dei disponibili: ora il metro è il “gruppo squadra”, nel quale non dovrebbero essere inclusi i giocatori non professionisti, i Primavera.

Una percentuale che garantisce comunque allo sport una sua unicità, perché in pratica il governo ammette la possibilità che con il 34% di atleti positivi si continui a giocare. In Serie A, per esempio, si andrebbe avanti anche con 200 giocatori positivi. Se trasponessimo la stessa tolleranza alla “società civile”, è come se l’Italia decidesse di non fermarsi con 20 milioni di cittadini positivi.

Si tratta dunque di una vera e propria “larga intesa”, che riguarda tutti gli sport di squadra, ma che ovviamente è stata innescata dagli inciampi della Serie A, che per stessa ammissione dei suoi dirigenti “s’è fatta trovare impreparata” dopo due anni di pandemia. 

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Per il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini è “un punto di equilibrio ragionevole, a tutela sia del mondo sportivo che della salute pubblica”. 

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