Riciclaggio dietro la vendita del Milan? Smentita l'indagine
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Riciclaggio dietro la vendita del Milan? Smentita l'indagine

Dopo le indiscrezioni la procura ha smentito un'inchiesta sulla compravendita della società rossonera

Riciclaggio dietro la vendita del Milan? Smentita l'indagine
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13 Gennaio 2018 - 09.53


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«Allo stato attuale non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell’A.C. Milan».
Lo ha dichiarato il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco, dopo che vari quotidiani italiani avevano annunciato un’inchiesta che ipotizzava una cessione della società a prezzo gonfiato e il successivo rientro di una «cifra sostanziosa».
Francesco Greco ha spiegato che sulla vendita del Milan, passato nell’aprile 2017 da Silvio Berlusconi all’imprenditore cinese Yonghong Li, «al momento non esiste alcun fascicolo». Nessun fascicolo esplorativo (a modello 45, senza titolo di reato e a carico di ignoti), né a modello 44 e quindi sempre a carico di ignoti ma con un titolo di reato.
Il procuratore capo di Milano ha affermato che l’avvocato Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere, non ha depositato in Procura «per conto di Fininvest» alcuna carta riguardo alla operazione e ha ripetuto di non aver ricevuto alcun dossier da parte dell’Unità Informazione Finanziaria di Banca d’Italia che ha la responsabilità dei controlli.
L’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif), ha riferito Greco, avrebbe anzi dato il via libera all’operazione non riscontrando, così come gli intermediari finanziari, alcuna irregolarità e non ha chiesto alcun intervento della magistratura milanese di procedere con il «freezing, cioè il blocco dei soldi».

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La notizia smentita

La procura della repubblica di Milano sta indagando sulla cessione del Milan all’imprenditore cinese Yonghong Li, per 740 milioni di dollari, per verificare se si tratti di una vendita gonfiata per una cifra fuori mercato pagata attraverso canali internazionali.
Su questa ipotesi di lavoro, la procura ha avviato una serie di verifiche per accertare la reale provenienza del denaro con cui la società rossonera, per 31 anni nelle mani di Silvio Berlusconi, è passata nell’aprile scorso a Yonghong Li, per schermare il rientro in Italia di una sostanziosa cifra.
L’estate scorsa, per sgombrare il campo dai dubbi che l’operazione aveva sollevato, l’avvocato storico dell’ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, aveva consegnato in procura documenti per attestare la regolare provenienza del denaro cinese («lecita provenienza di fondi», l’esatta dizione del documento ufficiale passato al vaglio di esperti di finanza). Alla base dell’apertura dell’inchiesta avvenuta poche settimane fa, ci sarebbero nuovi documenti che dimostrerebbero esattamente il contrario. Da dove sia partita la svolta, al momento non è ancora chiaro. Una traccia, si deduce, che risalirebbe ai reali flussi di denaro partiti da Hong Kong. Di certo, ci sono elementi nuovi che smentirebbero la regolarità di una bella fetta dell’operazione.
A sollevare i primi dubbi sulla cessione della società era stata la cifra elevatissima – 740 milioni di euro, in due tranche e con la copertura dei debiti – pagata per ilpassaggio di proprietà in mani cinesi. Una cifra enorme anche per il fatto che il Milan era reduce da diversi campionati deludenti, campagne acquisti sotto tono rispetto ai suoi standard, continui cambi di allenatori in panchina. Campioni venduti e sostituiti con seconde linee o giovani promesse.

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