Nuccio Fava e "L'Europa ci sta a cuore": ricordando David Sassoli
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Nuccio Fava e "L'Europa ci sta a cuore": ricordando David Sassoli

L'ex direttore del TG1, presidente della sezione italiana dell'Associazione Giornalisti Europei, ci racconta chi era l'ex Presidente del Parlamento europeo ma anche che pensa del Ministro Nordio, del Pd e molto altro

Nuccio Fava e "L'Europa ci sta a cuore":  ricordando David Sassoli
David Maria Sassoli
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25 Gennaio 2023 - 14.34 Culture


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di Marcello Cecconi

David Maria Sassoli ci ha lasciato da poco più di un anno e molti, in queste settimane, sono stati gli eventi per ricordare l’ex Presidente del Parlamento Europeo. Oggi a Roma, al Campidoglio, ce ne sarà uno speciale voluto dall’Age, Associazione Giornalisti Europei, e specialmente dal Presidente della sezione italiana, il giornalista Nuccio Fava, storico direttore del TG1. Gli abbiamo rivolto alcune domande spaziando anche oltre David Sassoli.

Direttore, lei è anche Presidente della Sezione Italiana dei Giornalisti Europei e state per organizzare un evento in Campidoglio in memoria di David Sassoli. Ce ne parli.

Il titolo generale dell’evento è “L’Europa ci sta a cuore” e, aldilà della tragedia dell’Ucraina per la quale auspichiamo la rapida affermazione di libertà e indipendenza, offriamo un contributo allo sviluppo dell’Europa in termini di libertà e giustizia che non preveda un ritorno al passato. Un ritorno a quelle chiusure e limitazioni di libertà che posso dire di aver indirettamente conosciuto all’interno della cortina di ferro quando, da giovane campione di basket, andavo a fare tornei in quei paesi. Era l’unica possibilità che avevamo noi occidentali per avere scambi con i giovani di quei paesi che ci ammiravano non tanto perché italiani ma perché espressione di un mondo libero che anche loro sognavano. Posso dire che lo sport mi ha formato anche dal punto di vista civile ai valori delle esperienze e degli impegni per contribuire alla costruzione dell’Italia democratica disegnata dalla Costituzione e legata a due insegnamenti principali, quelli di Giorgio La Pira ed Aldo Moro.

Nuccio Fava e David Sassoli, simile percorso professionale, lei direttore e David vice-direttore del TG1 anche se in contesti temporali diversi. Cosa vi accomuna?

Domanda che mi sono posto anch’io quando si seppe che David era alle prese con un male incurabile. E allora avevo un senso di ammirazione mischiata a rammarico e nostalgia, quest’ultima data anche dal fatto che io ero stato molto amico del padre ai tempi che dirigeva la Discussione. Anche lui ammiratore di Giorgio La Pira che io ebbi il piacere di conoscere nella mia Sicilia in quanto dopo gli studi ebbe la cattedra a Messina prima di trasferirsi a Firenze. Quel Giorgio La Pira teorico della visione universale che lucidamente ripeteva “siamo sul crinale della storia”, con quella sua ispirazione religiosa della politica, che pur nella giusta e sacrosanta divisione fra il religioso e il civile, voleva significare come la politica avesse bisogno di un’ispirazione che in qualche modo andasse oltre la politica. Insomma una continua ricerca nell’osservare all’interno dei limiti e dei ritardi con cui ci moviamo nella sfera politica per beneficiare di un supplemento d’ispirazione, un supplemento d’anima che consenta di guardare oltre per costruire giustizia e pace. Tutti grandi ideali mai compiutamente realizzati ma che devono restare le stelle polari verso le quali camminare. E David era questo, già nel suo nome c’è l’espressione di questo cammino e il modo in cui ha fatto il Presidente del Parlamento e come aveva fatto il giornalista è una conferma di tutto ciò. Un percorso interrotto bruscamente ma che può continuare a vivere nel rappresentare un modello leaderistico e professionale per le nuove generazioni.

Quanto mancherà David Sassoli, progressista cattolico, all’Europa attuale frenata da scandali e nazionalismi?

David ha avuto il “privilegio”, almeno da questo punto di vista, di essere stato risparmiato da questa terribile pagina di degrado e corruzione, di quel far prevalere il denaro che l’uomo sceglie in luogo dei valori. La tentazione dell’arricchimento ha come diretta, inesorabile e immediata conseguenza la corruzione. David era dalla porta opposta di questa tentazione e per questo ci mancherà molto ma resterà, nel sacrificio della morte, un esempio molto impegnativo ma attualissimo per combattere sconcerto e angoscia che per certi versi questi tragici fatti di Bruxelles impongono alla nostra attenzione. Fatti che poi offrono uno spunto per questo attuale dibattito italiano intorno al singolare ministro della Giustizia Nordio che pare che abbia come unico scopo quello di ridurre o eliminare le intercettazioni telefoniche. E lo sta facendo proprio mentre i casi suddetti del Belgio e quelli italiani della cattura di Matteo Messina Denaro e delle indagini sul contorno di complicità e interessi anche volgari, evidenziano come senza l’uso di questi strumenti tutto sarebbe molto più complicato.

Quanto sarebbe utile David Sassoli all’attuale tormentata rinascita del Partito Democratico?

Sono pessimista a questo proposito. Non penso che avrebbe potuto influire troppo in un partito che non riesce a dialogare con il popolo e non riesce a porre in modo significativo e realistico i problemi del lavoro e della formazione attraverso la scuola. E non riesce nemmeno, in ultima analisi, a porre e a porsi il problema del ruolo delle nuove generazioni. Fa paura che non ci sia in questa fase del Partito Democratico una componente di giovani, di ragazzi che alzi la voce, che dica forte “ma dove stiamo andando?”. Tutto questo deve recuperare il Pd senza perdere la riconsiderazione delle grandi ispirazioni, dei grandi valori. Moro e Berlinguer erano due persone diversissime ma rappresentavano ed esprimevano una visione ampia, rinnovatrice, aperta e coinvolgente. Una visione impegnata, per il tempo che sarebbe stato possibile, a offrire alla società italiana un percorso che non sarebbe stato quello tempestato di ostacoli come quello del dopo assassinio di Aldo Moro. Lì è stato l’inizio della crisi irreversibile della politica, con la frattura inesorabile fra Craxi e i comunisti che solo Moro, con la sua grande capacità di altissima mediazione e il senso di responsabilità verso i problemi dell’Italia avrebbe permesso almeno di far intravedere una via d’uscita da quella crisi. I terroristi con l’uccisione di Moro si assumono anche l’enorme responsabilità di aver fatto fallire un disegno difficile, ambizioso ma, per molti versi, l’unica via possibile di superamento della crisi della società italiana.

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