L'infettivologo Gori chiarisce: "AstraZeneca non è un vaccino di serie B"
Da Aifa ok al vaccino anglo-svedese fino a 65 anni di età. L'infettivologo Gori: "Ottimo, evita malattia"

Vaccini Astrazeneca
“Molte delle persone candidate a quel vaccino si lamentano di essere state dirottate su un vaccino scadente. Si chiedono perché ai medici è stato fatto quello migliore. Che se non lo fanno a così tante categorie, qualcosa dietro ci sarà... La sensazione è che in troppi abbiano male interpretato i dati: il fatto che Pfizer e Moderna abbiano efficacia al 94% e AstraZeneca al 65% non significa che quest’ultimo non funziona. È un ottimo vaccino che evita la malattia”.
Lo specialista prosegue:
“Dobbiamo chiederci qual è la finalità di questa vaccinazione: è importante che protegga dallo sviluppo di forme gravi quindi dalla morte e dal ricovero in ospedale. E in questo senso l’efficacia è al 100%. Posso avere una forma di infezione lieve se sono sfortunato, ma non è un dramma per nessuno avere un po’ di febbre” [...] “Bisogna credere in questo vaccino. È l’unico che può portarci all’immunità di gregge”.
Un altro vantaggio del vaccino AstraZeneca è che, dice l’infettivologo Gori, “consente di distanziare il richiamo”.
“Se per Pfizer e Moderna è tassativa la seconda dose a 21 giorni, il vaccino inglese si potrà fare dopo 12 settimane. Importante per allargare la platea della gente immunizzata nel breve periodo”.
Di ieri la notizia del libera dalla Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla possibilità di somministrare il vaccino anti-Covid di AstraZeneca ai soggetti fino ai 65 anni di età in buone condizioni di salute. Alle persone più anziane o fragili andranno invece somministrati i vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna. La circolare del ministero che recepisce le nuove indicazioni dovrebbe uscire venerdi prossimo.
L’infettivologo Gori ritiene che la decisione di Aifa sia un buon segno, ma specifica:
“Credo che serva ancora ‘limitare le limitazioni’. Aifa, rispetto a Ema, aveva sconsigliato l’uso anche su soggetti con patologie troppo comuni sopra i 55 anni. Dall’ipertensione al diabete, in molti sarebbero stati tagliati fuori senza un rischio realmente concreto”.
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