Vaccino, contrasti tra esperti sulle dosi e sui tempi di somministrazione
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Vaccino, contrasti tra esperti sulle dosi e sui tempi di somministrazione

Si teme che lo studio delle quantità della dose da somministrare e i giorni tra la prima dose e il richiamo non siano basati su dati

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13 Gennaio 2021 - 11.34


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Fin dall’inizio della pandemia, le prese di posizione dei medici sull’andamento del contagio sono state varie e talvolta anche non azzeccate.

Adesso che si è trovato il vaccino il dibattito tra gli esperti continua.

Mezza dose, una dose intera, un intervallo di 21 giorni oppure di 120 fra la prima dose e il richiamo: non era mai successo finora che si mettessero in discussione dosi e tempi fissati da una sperimentazione clinica, ma l’emergenza è tale da rivoluzionare anche queste regole.

Dopo la corsa per mettere a punto i vaccini anti Covid-19, la pandemia apre un altro scenario mai visto, accompagnato da un dibattito che vede schierati esperti di tutti i Paesi.
Non mancano le voci ufficiali, come quella del Joint Committee on Vaccination and Immunisation (Jcvi), il comitato di esperti indipendente chiamato a pronunciarsi su ogni decisione relativa ai vaccini, per il quale dare la precedenza alla prima dose piuttosto che ripeterla potrebbe avere un impatto sulla salute pubblica, riducendo il numero dei decessi.
Non è un caso che la rivista Nature, sul suo sito, abbia voluto dare spazio a questo nuovo fenomeno, che vede la comunità scientifica divisa fra chi guarda al cambiamento con favore e chi teme che le modifiche siano dettate dalla disperazione piuttosto che dall’evidenza scientifica.
Le opinioni sono contrastanti anche in Italia, dove il presidente della Società italiana di Medicina generale (Simg), Claudio Cricelli, considera “fondamentale accelerare il processo di vaccinazione anti-Covid”, somministrando la prima dose a tutti per arginare gli effetti della terza ondata, mentre è possibile ritardare la seconda dose.
Per il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, “finchè non ci sono indicazioni diverse dagli enti regolatori, il richiamo del vaccino anti-Covid deve essere fatto nei tempi previsti”.
E’ invece contrario a ritardare il richiamo l’ex presidente dell’Aifa Stefano Vella, in quanto “i dati scientifici dicono che la quantità giusta di anticorpi neutralizzanti anti Covid arriva dopo la seconda dose”.
Per Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto ‘Mario Negri’, il problema di fondo, è che “non sappiamo moltissimo sui vaccini a mRna: sono troppo nuovi”.

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E per quelli più tradizionali, come quello russo o quello di AstraZeneca, è possibile che il sistema immunitario cominci a produrre anticorpi contro il vettore che trasporta le particelle virali, anziché contro il virus stesso.

“Il rischio – osserva l’esperto – è che fare subito la seconda dose faccia in modo che gli anticorpi neutralizzino il vettore prima del virus”.
Purtroppo delle decisioni dovranno essere prese, rileva l’esperto, in quanto potrebbe emergere un problema di carenza di dosi.

Dal canto suo Remuzzi ritiene che debbano “necessariamente essere somministrate due dosi del vaccino anti Covid-19, mentre l’intervallo di tempo fra la prima dose e il richiamo potrebbe essere prolungato senza che ci siano sostanziali differenze nell’efficacia”.
L’ideale sarebbe, secondo Remuzzi, un intervallo di 120 giorni. “Non suggerisco di cambiare la strategia vaccinale subito, perché ci sono problemi organizzativi, ma quando partirà la vera campagna vaccinale, a metà febbraio”.

Questo, osserva, “permetterebbe di vaccinare anche gli insegnanti”.

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