L'attacco di Crisanti: "Ci si era illusi che l'epidemia fosse finita e infatti..."
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L'attacco di Crisanti: "Ci si era illusi che l'epidemia fosse finita e infatti..."

L'immunologo: "Dopo il lockdown non abbiamo intrapreso un'azione sistematica per ripulire completamente tutte le regioni, ci siamo affrettati a riaprire tutto senza un piano di sorveglianza"

Andrea Crisanti
Andrea Crisanti
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20 Ottobre 2020 - 07.22


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Da salvatore del Veneto finoi a diventare il più odiato da destra e negazonisti. E questi ultimi hanno iniziato a chiamarlo “zanzarologo”, per i suoi studi sulle zanzare geneticamente modificate, ma il professore Andrea Crisanti, a capo del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova e “padre” dello studio e del modello dei tamponi a tappeto nel comune di Vo’, dove a febbraio fu registrato il primo morto di coronavirus in Italia, solitamente sull’andamento della pandemia non sbaglia previsioni.
I 10-12.000 contagi giornalieri registrati nell’ultima settimana della seconda ondata di Covid-19 in Italia si spiegano così: “Questo significa che la capacità di tracciamento per arrestare la diffusione del virus sul territorio chiaramente in questo momento è saltata, parliamoci chiaro non funziona”, ha spiegato in un’intervista via Skype.
“Non è che noi abbiamo dopo il lockdown intrapreso un’azione sistematica per ripulire completamente tutte le regioni italiane, ci siamo affrettati a riaprire tutto, in qualche modo abbiamo pensato che avremmo potuto convivere con il virus con questi livelli di trasmissione senza implementare un sistema di sorveglianza su tutto il territorio nazionale che ci permettesse di tenerli bassi, quindi di fatto, nel momento in cui il numero dei casi ha sopraffatto la capacità di tracciamento sono esplosi, molto semplice”, ha aggiunto.

“Quello che manca ancora è una visione strategica a lungo termine. Supponiamo che queste misure abbiano effetto, riduciamo i casi, ma nessuno si pone il problema di cosa dobbiamo fare per mantenerli a livelli bassi, altrimenti siamo condannati a un’altalena di misure, riduzione dei casi, aumento dei casi… E siamo solo a ottobre”., ha criticato.

È rimasto lettera morta il “piano Crisanti”, di cui si parlava ad agosto. Il professore era entrato in contatto con Pierpaolo Sileri (vice-ministro alla Salute) e Federico D’Incà (ministro per i Rapporti con il Parlamento), e per mantenere l’Italia in sicurezza aveva proposto di realizzare 300-400.000 tamponi al giorno. Oggi se ne fanno in media 160.000, ma comprendono anche quelli cosiddetti “rapidi”, con un margine d’errore maggiore, denuncia Crisanti.

“Era un piano che aveva l’obiettivo di dotare l’Italia di una capacità di vigilanza e prevenzione per mantenere i numeri di settembre-agosto a quei livelli… E forse non gli è stata data particolare attenzione perché ci si è illusi che l’epidemia era finita”, commenta amaramente il professore.

“Guardi in Cina hanno avuto 5 casi e hanno fatto 11 milioni di tamponi in tre giorni. Poi chiaramente noi non siamo la Cina, abbiamo una popolazione che è 20 volte minore, a noi bastano 500.000 tamponi per fare una cosa così. Teoricamente se avessimo questa capacità potremmo convogliarla per spegnere i focolai una regione alla volta, concentrarli in maniera mirata”, ha proposto il microbiologo.Un piano che potrebbe essere implementato solo se le attuali misure funzioneranno e riusciranno ad abbassare il numero dei contagi, e servirebbe a mantenerli bassi, si augura Crisanti, altrimenti:”Altrimenti non se ne esce guardi”, ha concluso.

Crisanti consiglia di fare il vaccino anti-influenzale e di indossare correttamente la mascherina. La app dei tracciamenti Immuni oggi non può funzionare, i contagi sono troppi. E infine un monito sulla gestione regionale della sanità italiana: “Il piano di sorveglianza dovrebbe essere nazionale, levato dalla gestione delle Regioni”.

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