Il virologo Silvestri mette da parte l'ottimismo: "Numeri brutti, ci sono quattro cose da non fare"
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Il virologo Silvestri mette da parte l'ottimismo: "Numeri brutti, ci sono quattro cose da non fare"

Il professore all'Emory University di Atlanta: "Rimaniamo con i nervi saldi"

Guido Silvestri
Guido Silvestri
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16 Ottobre 2020 - 13.50


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Lui è ottimista e anche nei momenti più difficili ha cercato di trasmettere ottimismo con una lettura ragionata dei dati e delle vicende. 
Ora è molto preoccupato: in Italia “numeri brutti, non si discute, per gli oltre 8.000 nuovi casi e soprattutto per quelle 83 morti che non si vedevano da mesi e stimolano ricordi molto spiacevoli. Ma proprio di fronte al mare in tempesta bisogna mantenere i nervi saldi”.
E’ la raccomandazione del virologo Guido Silvestri, professore all’Emory University di Atlanta, che in un post su Facebook analizza la situazione dopo il boom dei contagi di ieri.
“A costo di sembrare un disco rotto – prosegue Silvestri – ripeto tre cose da fare, quattro da non fare e tre da tenere a mente”. Cominciamo dalle “tre cose da fare. Innanzitutto, continuare con l’opera di testing e tracciamento, che permettono di limitare i contagi nel territorio. Oggi sono stati fatti 163.000 tamponi, un record assoluto, e questo permette di scovare sempre più casi, grazie anche all’abolizione della regola del secondo tampone negativo”.
Secondo, “prepararsi sempre più a livello di medicina sul territorio, di presidi ospedalieri e di messa in sicurezza delle Rsa, ben consapevoli del fatto che in queste ultime si sono verificati molti dei contagi poi rivelatisi fatali per una malattia in cui l’età mediana dei morti è di 82 anni”. Terzo, “usare tutti il nostro senso di responsabilità civico, anche al di là dei dettagli di ogni normativa, nel fare le tre cose importanti: distanziamento sociale, uso delle mascherine ogniqualvolta il distanziamento non è possibile e igiene personale. A questo aggiungo l’isolamento in caso di sintomi come febbre, tosse, eccetera”.
Le quattro cose da non fare: “Farsi paralizzare dal panico e dalla paura. Se si rispettano le dovute precauzioni è difficile contrarre e/o trasmettere questa infezione, e si possono continuare quasi tutte le nostre attività educative, sociali e lavorative. Farsi soggiogare dal panico non serve mai a niente”, sottolinea Silvestri.
“Invocare il ‘lockdown’ come se fosse la panacea, mentre sappiamo benissimo – spiega – che sarebbe una soluzione dagli effetti collaterali devastanti a livello socio-economico e psicologico, senza una exit-strategy e dall’efficacia molto limitata nel proteggere ospedali e Rsa, dove quello che conta sono gli interventi di preparazione e protezione specifica”.
Terzo punto, non “alimentare polemiche e discussioni inutili, soprattutto tra esperti (e parlo di quelli veri, non quelli della domenica che sono irrecuperabili, temo), tenendo presente che in questo momento la popolazione si aspetta di sentire dalla scienza delle voci il più possibile armonizzate tra loro”.
E infine, non “cedere alla tentazione di rispondere alla propria ansia e paura usando il meccanismo psicologico della negazione, così finendo nella rete di quei delinquenti nano-ciambotti ben noti da anni, che dicono che il virus non esiste, che è tutto un complotto, eccetera”.
Ecco le tre cose da tenere a mente, secondo Silvestri: “La letalità da Covid-19 adesso è molto più bassa che a marzo/aprile scorsi, per molti motivi che abbiamo discusso molte volte, a partire dal fattore demografico, dal miglior trattamento e dall’assenza di sovraccarico ospedaliero. Questo non vuol dire che il virus non ucciderà, ma che lo farà molto meno che nella primavera scorsa”.
“Gli sforzi di mitigazione che facciamo oggi (mascherine, distanziamento e gli altri) sono il modo migliore per allontanare lo spettro di nuovi lockdown, a cui credo nessuno con un briciolo di buon senso ed intelligenza voglia arrivare – ribadisce – questa è una cosa che dovremmo ripeterci sempre, dieci volte al giorno, anche a noi stessi”.
Il virologo ricorda poi che “ci sono dietro l’angolo sia dei vaccini molto promettenti (al momento ben otto in fase 3 di studio clinico) sia delle terapie potenzialmente trasformative, a partire dai cocktail di anticorpi monoclonali che neutralizzano il legame del virus (proteina S) con il recettore Ace-2. I tempi esatti non li sappiamo, ma sono in dirittura d’arrivo, e con questa accoppiata di rinforzi (vaccini+anticorpi) ci sarà la nostra vittoria finale contro questo virus. Quindi nervi saldi, testa sulle spalle e sempre tanta fiducia nella scienza”.

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