L'aria condizionata può diffondere contagio? Ecco come ridurre i rischi

Le possibilità sono numeroso ma secondo i tecnici, vanno evitati comunque "l'eccessivo affollamento dei locali e una potenza elevata dell'aria sollevata dagli impianti".

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21 Maggio 2020 - 16.40


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E ora che viene l’estate rischiamo di portarci da soli in casa il virus? “Il rischio di contagio negli open space si riduce tenendo le postazioni di lavoro lontano dai terminali, i cui ventilatori devono lavorare al minimo numero di giri”.

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A fare il punto su un tema sempre più ‘caldo’, il rapporto fra aria condizionata e rischio contagio Covid-19, su cui non c’è la convergenza dei pareri di virologi ed esperti, è il sito ‘MedicalFacts’ fondato da Roberto Burioni. La parola sul tema è stata data a due esperti della materia.

“Innanzitutto va detto che c’è una profonda differenza tra il condizionatore domestico, conosciuto anche come split, che è quello che si acquista in un negozio di elettrodomestici, e l’impianto di condizionamento – precisano gli esperti – che oltre a riscaldare e raffrescare l’aria immette in ambiente aria esterna filtrata. Questa differenza è molto importante quando si parla di impianti e Covid-19”.

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Secondo i tecnici, vanno evitati comunque “l’eccessivo affollamento dei locali e una potenza elevata dell’aria sollevata dagli impianti”.

Dopo aver ricostruito le differenze storiche e strutturali dei vari impianti, gli esperti ricordano che “nelle abitazioni si può usare senza problema un impianto esistente senza immissione di aria esterna se non vi è alcun contagiato”.

Quanto agli impianti a tutta aria monozona “utilizzati in caso di unico locale da climatizzare, come nei supermercati, nei cinema e negli aeroporti, generalmente lavorano con una miscela di aria ambiente e aria esterna, ma in condizioni di emergenza si può chiudere il ricircolo e diluire al massimo l’eventuale concentrazione di virus nel locale”, osservano.
 Riguardo agli impianti ad aria primaria, utilizzati negli uffici e se di piccola taglia detti anche con ventilazione meccanica controllata o Vmc, “la velocità dell’aria è molto bassa dove soggiornano le persone e aumenta solamente nelle immediate vicinanze dei terminali: anche in questo caso l’eventuale sollevamento di droplet è marginale e limitato nello spazio accanto ai terminali”.
Ecco che la configurazione delle scrivanie lontano dai punti di uscita dell’aria è fondamentale, raccomandano.

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In conclusione, gli esperti citano il caso di un ristorante di Guangzhou (in cui un commensale positivo ha infettato altre persone sedute anche a tavoli di distanza) per evidenziare che “vari fattori tecnici hanno contribuito ai contagi osservati anche a distanza: immissione d’aria esterna molto inferiore a quella prescritta dalle norme Uni; eccessivo affollamento dei locali; risollevamento del droplet dovuto all’eccessiva velocità dell’aria mossa dal condizionatore, problema tipico appunto degli impianti realizzati in Cina”.

“Tutti aspetti assolutamente da evitare per limitare al minimo i rischi connessi alla fase 2 in corso e ai suoi ampliamenti nei prossimi giorni”, concludono.

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