Galli preoccupato per la Fase 2: "L'emergenza non è finita ma riapriamo con poco controllo territoriale"

Il direttore del reparto di malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano: "Deve essere fatto di più, come definire i contagi nelle famiglie e i loro contatti"

L'infettivologo Massimo Galli
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3 Maggio 2020 - 15.29


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Parole preoccupate: “E’ evidente che la situazione è diversa da regione a regione e che è clamorosamente mancato, lo abbiamo detto da tempo, l’intervento sul territorio, con qualche eccezione come il Veneto. L’emergenza non è finita, dobbiamo trovare il modo per gestire la riapertura e la convivenza con questo virus. E per questo sono preoccupato che in regioni dove l’epidemia è stata limitata, ci sia stato meno controllo territoriale dei contagi e dei contatti, che ora avrebbe rappresentato un ulteriore elemento di sicurezza”. Questo il quadro tracciato, alla vigilia dell’avvio della fase due, da Massimo Galli, direttore del reparto di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano.
In Lombardia, ricorda, nelle scorse settimane molti contagi sono avvenuti in famiglia. “Ora stiamo passando da un intervento drastico di chiusura, semplice nelle caratteristiche e pesante nelle conseguenze, ma che ha ottenuto validi risultati – avverte – a una situazione in cui apriamo, con la regola della ‘mascherina, guanti e distanza’, e una forte speranza nello stellone. Questo è un limite oggettivo, poteva, doveva e deve essere fatto di più, come definire i contagi nelle famiglie e i loro contatti. E questo non lo si è fatto nemmeno sperimentalmente. Ora si torna al lavoro, ma bisogna che sia fatto con determinate regole e certezze sul monitoraggio dei lavoratori”.

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