L'infettivologo Galli: "Le chiese non sono teatri ma il rischio di contagio è lo stesso"

Il primario all'ospedale Sacco: "Dove si raggruppano più persone il rischio di contagio c'è"

Chiese nei tempi del Covid-19
Chiese nei tempi del Covid-19
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27 Aprile 2020 - 20.54


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I credenti la vedono in un modo ma gli studiosi da un altro:  “E’ chiaro che è difficile, per la sensibilità di molti, mettere le chiese allo stesso livello dei cinema piuttosto che dei teatri o degli altri locali chiusi dove si affollano numerose persone”.
Ed è vero anche che “ci sono le cattedrali enormi, le chiesette piccole e ogni genere di realtà. Però, di fatto, dove si raggruppano più persone il rischio di contagio c’è”. 
L’infettivologo Massimo Galli, docente all’università Statale di Milano e primario all’ospedale Sacco, è intervenuto così sul ‘nodo chiese chiuse’, oggetto di polemica in queste ore dopo l’annuncio del premier Giuseppe Conte sulle misure della fase 2 della crisi coronavirus.
Galli parla da laico, tuttavia nonostante “la mia notoria laicità” tiene a precisare di comprendere “i diritti e i bisogni” di chi crede. Ma in questo momento “la questione da considerare non è di tipo religioso, bensì di analogia tipologica”.

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Nelle realtà in cui “si può venire a costituire un assembramento di persone che comunque fanno fatica a mantenere le distanze, se non sono legate a un’attività produttiva essenziale la scelta non può che essere dolorosamente quella”: aspettare a riaprire. “In un momento come questo – conclude lo specialista – tocca tenere conto delle priorità”.

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