Dopo 40 giorni il Covid-19 ancora circola troppo: temo che non sia stata scelta la strategia giusta

I contagiati sono dieci volte di più di quelli ufficiali. Abbiamo sperato che chiudendo tutto l'incendio si spegnesse da solo e abbiamo rinunciato ad rintraccare il virus

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Claudio Visani Modifica articolo

13 Aprile 2020 - 14.27


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Sulla pandemia le cose non stanno andando come dovrebbero andare. Non c’è ancora una decisa riduzione della malattia. Le previsioni degli esperti si stanno rivelando molto al di sotto delle attese. I dati ufficiali che quotidianamente ci vengono forniti dai bollettini della Protezione civile non sono reali e non hanno un gran senso. I contagiati ufficiali sono – secondo le stime più autorevoli – almeno dieci volte meno di quelli reali. Il numero dei morti è molto sottostimato. Nemmeno quello dei guariti è reale. Lo spiega bene un articolo di Francesco Costa sul Post.
Anche se del senno di poi sono piene le fosse, è il momento di cominciare a ragionare un po’ di più su quel che sta accadendo. Di guardare in modo critico a ciò che  è stato fatto finora, a ciò che si sta facendo e a ciò che si deve fare. Ci sarà qualche motivo se dopo la quarantena che doveva essere di 14 giorni ed è già di 40 e diventerà di 60, la diffusione del virus non si ferma; se il numero dei contagiati e dei morti ancora non cala o cala troppo lentamente.
Con tutte le difficoltà del caso e la complessità di questa tragedia, la verità è che si è scelta la strada più facile: chiudere tutti in casa sperando che l’incendio così si spegnesse da solo. Nell’era più moderna che c’è la strategia più antica che c’è. Le meraviglie della tecnologia, le conquiste della scienza, gli algoritmi e le App mirabolanti, la tracciabilità di tutti i nostri movimenti che subiamo quotidianamente, le abbiamo lasciate confinate in Cina e Corea del Sud.
Non ci siamo messi sulle tracce del virus, per individuare i contagiati veri e i loro contatti, per curare meglio a domicilio i malati, per circoscrivere subito l’incendio. No, abbiamo pensato solo a chiudere il paese. Ma nelle case, negli ambienti interfamigliari, nei condomini dove ai casi sospetti di coronavirus non si è mai fatto il tampone, il virus ha continuato a circolare. Negli ospedali e nelle case di riposo dove fino a ieri, e ancora oggi in tante strutture, non si facevano i test al personale sanitario, il virus ha continuato a circolare, con medici e infermieri diventati allo stesso tempo vittime e untori. Nei supermercati, a fare la spesa in fila senza le mascherine che non c’erano e ancora ci sono poco, il virus ha continuato a circolare. E nel Nord industrializzato, soprattutto in Lombardia dove – guarda caso – l’infezione non accenna a rallentare, una bella fetta di persone ha continuato a uscire di casa per andare al lavoro, a prendere autobus e metro, a lavorare in ambienti non messi in sicurezza.
Si sono presi di mira i camminatori e i runner. Si spia dalle finestre chi porta fuori il cane, i figli, o accompagna l’anziano padre o nonno. Si dà la caccia con i droni alle grigliate all’aperto. Sì, d’accordo, tutti dovrebbero rispettare le regole, anche chi esce di casa in solitaria e tiene le distanze non rischiando di contagiare o farsi contagiare, deve dare l’esempio. Ma pensate davvero che siano queste le cause principali della diffusione del contagio?
Chiediamoci perché al Centro-Sud la pandemia sembra, almeno al momento, molto più contenuta. Le abbiamo viste tutte le immagini dell’assalto ai treni, di chi lavora o studia al Nord ed è tornato a casa al Centro-Sud. Non sono state belle. Sono state trasgressioni irresponsabili. Ma, se guardiamo bene, hanno riguardato una piccolissima parte di persone rispetto a quelle che quotidianamente si muovono avanti e indietro in Lombardia, tanto per tornare lì.
Si è sbagliata strategia, questa è la verità. O almeno, si è attuata solo la parte tutto sommato più semplice della strategia: l’isolamento di massa. Certo, ci voleva anche quello. Ma non solo quello andava fatto. Si doveva cercare di mappare fin da subito il virus. Chiudere da subito non solo Codogno e Vo’, ma tutti i focolai e la Lombardia tutta. Si doveva fare quel che si è cominciato a fare ora qua e là, con molto ritardo. Mettere prima di tutto in sicurezza medici, infermieri, ospedali, case di riposo. Combattere il virus casa per casa. Lavorare nei territori per prevenire e circoscrivere. Fare i tamponi, gli screening, le diagnosi precoci, l’isolamento selettivo, le terapie domiciliari per non far aggravare la malattia e intasare ospedali e terapie intensive. Si dirà che siamo stati presi alla provvista, che non era umanamente e strutturalmente possibile, che mancavano i tamponi, i laboratori, il personale. Bene, ma almeno lo si faccia ora che si cominciano a riaprire luoghi, attività, altre fabbriche. Si lavori per fare ciò che finora non si è fatto. A cominciare dal mettere in sicurezza le fabbriche, le aziende, i luoghi di lavoro, il trasporto pubblico, garantendo misure e protezioni adeguate. Lo si faccia concretamente. Lo si dovrebbe fare concretamente. Invece siamo ancora alla nomina dei comitati e dei sottocomitati di esperti.

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