Perde terreno la candidatura di Berlusconi e si riaffaccia l'ipotesi (complicata) di Draghi

L'ex premier: "Non posso deludere chi crede in me". Salvini mette in guardia: "I soldi del Pnrr sono a prestito, anche per questo il premier è complicato da rimuovere".

Perde terreno la candidatura di Berlusconi e si riaffaccia l'ipotesi (complicata) di Draghi
Berlusconi e Draghi
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19 Gennaio 2022 - 10.01


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Dopo giorni passati malinconicamente a sperare in un ritorno del Cavaliere, la destra ora sembra aver perso quell’entusiasmo iniziale. Mentre perde quota l’ipotesi della candidatura di Berlusconi al Quirinale, si riaffaccia quella di Draghi.

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Come ha scritto su Ansa, Marcello Campo, Salvini però mette in guardia: “I soldi del Pnrr sono a prestito, anche per questo il premier è complicato da rimuovere”.

Oggi incontro tra Conte, Letta e Speranza.
Nel giorno in cui il borsino del Quirinale dà in discesa la candidatura di Silvio Berlusconi, in più di un capannello in Transatlantico viene data in crescita l’ipotesi che al Colle possa salire il presidente del consiglio Mario Draghi. Uno spunto alle ricostruzioni dei parlamentari lo dà anche la visita del premier al presidente della Camera, Roberto Fico. Il colloquio, nel primo pomeriggio, è durato circa un’ora. Dallo staff di Montecitorio è stato descritto come “consueto incontro istituzionale”, ma in queste giornate di voci, ricostruzioni e retroscena, in ambienti parlamentari c’è chi ha notato come in casa 5 Stelle Fico possa svolgere un ruolo di pontiere dentro il Movimento, visto che Conte non appare particolarmente incline all’ipotesi di Draghi al Colle. Anche nella truppa del M5s l’ipotesi incontra più di una resistenza, nella convinzione che l’uscita da Palazzo Chigi corrisponda a elezioni anticipate. La visita a Montecitorio non è stata l’unica della giornata di Draghi. In mattinata il presidente del consiglio ha incontrato al Quirinale Sergio Mattarella. A Palazzo Chigi ha invece visto il ministro della Giustizia Marta Cartabia e il ministro della difesa, Lorenzo Guerini. E anche su quest’ultimo faccia a faccia le letture “quirinalizie” non mancano. Guerini è infatti alla guida della corrente Pd Base riformista, composta dagli ex renziani, che viene indicata come fra le più favorevoli a un passaggio di Draghi al Quirinale.

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Nulla è stato deciso, nulla è definitivo, ma sul Colle non è più tempo di pretattica. L’affondo di Matteo Salvini di lunedì pare abbia provocato l’effetto sperato: Silvio Berlusconi, dopo settimane di intenso lavoro alla caccia dei voti, per la prima volta pare stia seriamente valutando di far cadere la sua candidatura. Nelle stesse ore Mario Draghi si riprende prepotentemente la ribalta tornando a tessere la sua tela: in mattinata il premier vede Sergio Mattarella, quindi Roberto Fico e Marta Cartabia.Tutti elementi che fanno capire come ormai si sia entrati nel rush finale, un’accelerazione in cui tutti stanno parlando con tutti per capire qual è la fuga giusta, la ruota buona da seguire per centrare il traguardo.

A tenere banco, a 6 giorni dalla prima chiama, resta lo psicodramma interno al centrodestra: il Cavaliere prenderà la decisione finale nelle prossime 48 ore, in vista del vertice dei leader che si terrà probabilmente giovedì sera. Ma al momento pare che si sia reso conto di non avere i voti sufficienti. Un passaggio che se confermato rappresenta un “reset” che riapre i giochi verso uno scenario pieno di incognite sul cosiddetto piano B. Come in un ipotetico “Gioco dell’Oca”, tutto tornerebbe alla casella di partenza, con il centrodestra ad avere il pallino in mano, l’opportunità, ma anche il rischio conseguente, di dover dare le carte per primo. A sancire pubblicamente il fallimento della cosiddetta “operazione Scoiattolo”, è proprio uno dei suoi protagonisti: la raccolta dei voti, rivela Vittorio Sgarbi a “Un Giorno da Pecora”, “si è oggettivamente fermata”. “Ieri Silvio era abbastanza triste. Ci devono essere delle inquietudini di natura psicologica, non degli elettori, ma nel candidato, perché è rimasto a Milano. Credo – prosegue Sgarbi – che questa, come dire, pausa dipenda dal fatto che starà pensando se c’è una via d’uscita onorevole, con un nome che sia gradito a lui, forse Mattarella”. Parole che stizziscono Forza Italia. “Vittorio non è il portavoce di Forza Italia ma risponde a se stesso, sicuramente non parla a nome del Cavaliere”, replica a brutto muso il coordinatore nazionale Antonio Tajani. E più tardi, sempre dal partito azzurro trapela che Berlusconi non ha deciso e che è ottimista.

“Non deluderò chi mi ha dato fiducia”, sarebbe il messaggio ai suoi. Solo il tempo dirà se si tratta di un modo per calmare le acque all’interno del partito o se in effetti esista ancora uno spiraglio reale per andare avanti. Ad ogni modo, più che di un passo indietro, meglio parlare di un eventuale passo di lato, visto che la scelta di non correre in prima persona non significherebbe assolutamente che Berlusconi non farà pesare il suo peso politico nella scelta del prossimo capo dello Stato. Tutt’altro. E chissà se a quel punto lancerà lui la candidatura Draghi, a oggi vista non benissimo da Matteo Salvini, se farà un nome interno alla coalizione, o se alla fine proporrà la rielezione di Mattarella. Comunque che qualcosa si sia messo in moto lo conferma anche Giorgia Meloni, pronta a fare sino in fondo la sua parte. “Se anche Berlusconi scegliesse di non concorrere e dovesse rinunciare – spiega a Porta a Porta – penso che comunque il centrodestra abbia diritto e dovere di avanzare una proposta e anche FdI intende fare la sua parte. Noi contiamo il 6% ma non vuol dire che non abbiamo nostre proposte da fare, io ce l’ho in testa”.

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