Benifei: "La condanna di Mimmo Lucano crea sgomento. La solidarietà non può essere un reato"
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Benifei: "La condanna di Mimmo Lucano crea sgomento. La solidarietà non può essere un reato"

Il capo della delegazione Pd al Parlamento europeo sui 13 anni di reclusioni dati in primo grado all'ex sindaco di Riace: "Ciò che è accaduto non può non provocare sgomento e preoccupazione"

Brando Benifei
Brando Benifei
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Settembre 2021 - 16.58


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Si dice: le sentenze non si commentano. Ma questo non può voler dire esimersi da un giudizio politico su una vicenda enorme, per tutte le sue implicazioni, quale quella che vede protagonista, o meglio vittima, l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano.

A Brando Benifei, capo della delegazione Pd al Parlamento europeo, il coraggio politico non fa difetto.

E la conferma è in questa intervista concessa a Globalist. “La pesante condanna inflitta in primo grado a Mimmo Lucano – commenta a caldo Benifei – non può non provocare sgomento e preoccupazione. La solidarietà verso gli esclusi non può essere un reato”.

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato in primo grado a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della pena richiesta dell’accusa. Nel 2018 Lucano era stato al centro di un’inchiesta della procura di Locri che ha ipotizzato l’esistenza di un sistema criminale dentro quello che era stato ribattezzato il “paese dell’accoglienza” dei migranti. L’ex sindaco era accusato di essere il promotore di un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti SprarCas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.  Qual è il suo giudizio in merito?

Certamente approfondiremo le motivazioni e tutti gli aspetti che hanno portato a questa sentenza che comunque sconcerta, colpisce. Si deve rispettare, ovviamente, ma non può non suscitare uno sgomento. In quanto a fronte azioni che possono essere oggetto di esame dal punto di vista giudiziario, c’è dal lato della politica una necessità di interrogarsi di fronte a questo fatto, che è un fatto significativo, per la rilevanza della figura di Lucano e del suo modello d’inclusione che ha costruito nel territorio di cui è stato sindaco. Ci si deve interrogare se le norme esistente sonno davvero in grado di garantire una possibilità di agire nel modo migliore per ottenere un risultato d’integrazione e, nel caso dell’azione di Mimmo Lucano, anche di rivitalizzazione di un territorio attraverso politiche intelligenti d’inserimento di persone di origine straniera. E’ un fatto, soprattutto al Sud, che noi abbiamo territori altamente spopolati, con un impatto sociale del fenomeno che, a mio avviso, non è ancora del tutto compreso e che emergerà con sempre maggiore nettezza nei prossimi tempi. Politiche, magari ai limiti del rispetto delle norme, come quelle portate avanti da Lucano, oggi forse dovrebbero portare, anzitutto il legislatore, a ripensare le norme che oggi continuano a presiedere l’accoglienza, l’incluse, l’uscita da un regime di clandestinità di migranti e rifugiati. La politica non si può sottrarre a questo impegno, di ripensare quelle che sono le norme che riguardano la migrazione nel nostro Paese…

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A cosa ti riferisci, in particolare?

Alla condizione dei migranti economici e non solo dei rifugiati. I migranti economici rappresentano una realtà che di fatto sta ai margini della legalità, perché esiste una normativa italiana assolutamente inadeguata, la legge Bossi-Fini, che di fatto favorisce l’irregolarità, favorisce la creazione di situazioni di sfruttamento che vanno a creare anche una concorrenza sleale nei confronti dei lavoratori italiani, creando conflitto sociale. Norme che potrebbero dare luogo a flussi legali, regole che favoriscano una gestione ordinata anche della migrazione economica, e quindi anche dello stabilimento nelle città come nel caso di Riace, dovrebbero essere una priorità. Perché non ci siano più casi-Lucano ma, al contrario, si realizzino leggi che permettano ai sindaci di portare avanti politiche adeguate, leggi che non vadano a creare un favore per l’irregolarità. Oggi è questo ciò che avviene. Le norme attuali non favoriscono la costruzione di una situazione di legalità rispetto ai migranti, ma alimentano una situazione di clandestinità e d’incertezza che può portare amministratori, anche in buona fede, spinti da una idea di costruzione di un contesto integrato, volto anche a ripopolare borghi spopolati, magari a travalicare le norme esistenti.

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Agganciandomi a queste ultime considerazioni. Domenica e lunedì prossimi quasi 20 milioni di italiani andranno a votare per elezioni amministrative che riguardano grandi città come Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, e altre importanti città medie e piccole, oltre la Regione Calabria. Chi, come te, è stato impegnato h24 in questa campagna elettorale, può testimoniare su come e quanto temi quali l’inclusione, l’accoglienza, la solidarietà fattiva verso i più deboli, siano vissuti in questa campagna elettorale che volge al termine.

In queste settimane sono stato impegnato tra la Calabria, Napoli, Roma, Milano, Bologna, Torino, Trieste, ho girato davvero tutti i nostri territori al voto, le grandi città come i piccoli comuni, e devo dire che questi temi ci sono e orientano anche il voto. Da un lato c’è una parte della nostra cittadinanza che vorrebbe risposte più chiare di sistema, di solidarietà, di costruzione della integrazione e della convivenza, e che queste risposte le chiede dai governi nazionali e dall’Europa, e dall’altro lato esistono forze politiche che spaventano i cittadini, che creano false emergenze e inesistenti invasioni, cercando così d’intercettare un bisogno di sicurezza che esiste, è forte nella società italiana, e che le forze progressiste e di sinistra non debbono in alcun modo sottovalutare. Le persone vogliono quartieri sicuri, vogliono vedere la riqualificazione dei propri territori e una certezza di rispetto reciproco e di protezione che è cresciuta fortemente dentro la crisi pandemica. Bisogna lavorare per dare risposte positive e praticabili all’esigenza di sicurezza, protezione e sostegno che persone giovani e meno giovani, nei piccoli come nei grandi centri chiedono. Perché se non si dà una risposta a questa esigenza di tutele, in una fase comunque di ripresa incerta post-Covid, una fase piena di dubbi e di domande, crescono affermazioni di paura, di un risentimento anti-migranti che vede nello straniero una minaccia e non, come invece dovrebbe essere, una potenziale ricchezza per la crescita complessiva di una comunità cittadina e nazionale. Ho visto questo tema vivere in campagna elettorale e scontrarsi risposte diverse, se non opposte, a problemi avvertiti da tutti. Dentro questa fase storica segnata dall’emergenza-Covid si è affermato un dibattito su temi a noi più congeniali, a noi delle forze progressiste. Un’attenzione ai temi della sanità, la scuola, il lavoro, le tutele sociali, che fanno apparire di secondo piano alcune parole d’ordine della destra. Penso, per fare un esempio, all’ossessione per la sicurezza anche in una chiave di contrapposizione con le comunità straniere, propria delle destre. Ma occorre essere consapevoli, a sinistra, che senza risposte forti sul tema sociale, che riemerge con forza, tornano ad affermarsi i temi dello scontro sociale e di contrapposizione con le persone di origine straniera che è un po’ un leit motiv della destra e di alcuni candidati , sia nei consigli comunali ma anche  a sindaco, che ne hanno fatto una questione centrale nella loro campagna elettorale. 

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