Landini sulla morte di Adil Belakhdim: "Sgretolamento del tessuto sociale, in Italia il lavoro è disprezzato"
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Landini sulla morte di Adil Belakhdim: "Sgretolamento del tessuto sociale, in Italia il lavoro è disprezzato"

Il segretario della Cgil: "Ho bloccato i camion nei piazzali per impedire la consegna delle merci mi sono scontrato con i padroni. Ma mai ho visto un camionista forzare un picchetto, travolgere i lavoratori fino ad ucciderne uno".

Maurizio Landini
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21 Giugno 2021 - 07.41


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Di casi per far sentire la propria voce il segretario della Cgil Maurizio Landini ne avrebbe molti, soprattutto negli ultimi giorni.

L’uccisione del sindacalista Adil Belakhdim ha riportato a galla tutte le problematiche del lavoro in Italia.

“Di picchetti, anche molto duri, ne ho fatti tanti nella mia vita sindacale. Ho bloccato i camion nei piazzali per impedire la consegna delle merci durante le vertenze, mi sono scontrato con i padroni e con i padroncini, mi sono sgolato per convincere i lavoratori a scioperare. Ma mai e poi mai ho visto un camionista forzare un picchetto, travolgere i lavoratori fino ad ucciderne uno. Mai ho assistito a qualcosa di simile”.

Poi aggiunge: “Siamo di fronte ad uno sgretolamento del tessuto sociale, ad un imbarbarimento delle relazioni umane. Così si mette a rischio anche la tenuta della democrazia. La nostra è una Repubblica democratica – è scritto nella Costituzione – fondata sul lavoro. Ma ora domina lo sfruttamento del lavoro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza del lavoro. Si è passati dalla tutela del lavoro al disprezzo del lavoro. Proviamo a mettere in fila tre recenti fatti di cronaca: l’orditoio manomesso su cui lavorava la povera Luana, i sistemi frenanti della funivia di Mottarone anch’essi manomessi, infine la morte di Adil. Sono legati dalla stessa logica: il tempo di vita e di lavoro viene piegato al mercato e al profitto e non alla centralità della persona. Questa assenza di vincoli sociali mette a rischio anche la tenuta democratica di un Paese. Dove stiamo andando?”.

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“La pandemia ha accelerato tutto, accentuando le forme di diseguaglianze, tra ricchi e poveri, tra protetti e precari, tra uomini e donne, tra giovani e anziani, tra Nord e Sud. Contemporaneamente ha fatto emergere il valore dello Stato sociale”, aggiunge Landini.

″È in atto da anni, più di venti, una metamorfosi del rapporto tra capitale e lavoro. Fino ad ora ha prevalso la logica del mercato e del profitto e così il lavoro è stato progressivamente svalorizzato: salari bassi, tagli agli investimenti in ricerca e innovazione, scarsa formazione, produttività ferma. E non è accaduto per caso. Una sequenza di leggi ha portato al punto in cui ci troviamo: è stata rilegittimata l’intermediazione di manodopera, un tempo vietata; è stata legalizzata la catena infinita degli appalti con la logica del massimo ribasso, per garantire i guadagni delle aziende ma non i diritti e la dignità di chi lavora. La giungla in cui ci troviamo nasce da una serie di leggi sbagliate. A tutto ciò la Cgil si è opposta e ha avanzato proposte alternative”.

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E, quindi, spiega l’importanza della manifestazione di sabato prossimo.

“Il 26 giugno andiamo in piazza anche per chiedere la proroga del blocco – prosegue Landini-. Ci saranno tre manifestazioni: chiediamo la proroga del blocco, l’estensione degli ammortizzatori sociali e di incentivare le strade alternative ai licenziamenti, dai contratti di solidarietà a quelli di espansione. Il governo ci convochi e faccia ripartire il dialogo sociale così costruiremo un’Italia migliore – spiega Landini – Negli anni Settanta, con lo Statuto dei lavoratori, il Parlamento comprese la centralità del lavoro. Oggi dobbiamo recuperare quello spirito: un nuovo Statuto con il riconoscimento degli stessi diritti alle persone che per vivere devono lavorare. La Cgil ha presentato in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare, siamo pronti a confrontarci con tutti. Ma serve anche una legge che misuri l’effettiva rappresentanza dei sindacati e dei datori di lavoro, per estendere a tutti l’efficacia dei contratti nazionali”.

“Chiediamo a Draghi di non conservare quelle leggi balorde, di innovare. Esattamente come ha fatto nel settore pubblico – grazie all’iniziativa di Cgil, Cisl e Uil – con il decreto Semplificazioni che vincola l’azienda vincitrice dell’appalto a garantire ai lavoratori delle imprese subappaltatrici gli stessi trattamenti normativi ed economici e l’applicazione del medesimo contratto nazionale di settore. Si estenda tale legge a tutti gli appalti nel privato”, conclude il leader Cgil.

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