"Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi": il sottosegretario Durigon al centro di un'inchiesta esplosiva

Fanpage fa luce sulle trame del sottosegrtario leghista Claudio Durigon, vicinissimo a Matteo Salvini, e sul ruolo del sindacato Ugl (di cui Durigon era vicesegretario) all'interno della Lega

Claudio Durigon
Claudio Durigon
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29 Aprile 2021 - 14.46


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È scoppiata una bomba in casa Lega a causa dell’inchiesta di Fanpage su Claudio Durigon, eletto alla Camera con la Lega nel 2018. Fanpage ricostruisce la carriera del Parlamentare, vicinissimo a Matteo Salvini, che ha ricoperto anche la carica di vicesegretario del sindacato Ugl. 

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Prima del 2017, spiega Fanpage, Durigon era uno sconosciuto. Era il periodo in cui Salvini doveva da una parte allargare i consensi dell’allora Lega Nord anche al Sud e poi fare fronte al congelamento dei beni dovuti all’inchiesta sui 49 milioni. A gennaio Salvini annuncia un “accordo di reciproca e proficua collaborazione” con l’organizzazione sindacale. Poche settimane dopo è ospite d’onore al congresso Ugl che conferma Francesco Paolo Capone segretario, mentre Durigon è il suo vice. 

L’Ugl, sostiene Fanpage, avrebbe fornito uomini, mezzi e spazi alla Lega: uno degli esempi più eclatanti riguarda la ‘Bestia’ di Luca Morisi, spin doctor di Salvini e capo del temibile staff social della Lega, cuore della macchina della propaganda di Salvini. Morisi e il suo team hanno lavorato per due anni, anche nel periodo in cui Salvini era Ministro, negli uffici della Ugl in via delle Botteghe Oscure, poi diventate sede della Lega, ma all’epoca – per contratto – in quel palazzo non era consentito il subafitto, anche parziale. 

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L’inchiesta di Fanpage è corredata da un video, prima puntata di un progetto chiamato Follow the Money, gestito dal team investigativo di Fanpage composto da Carla Falzone, Sacha Biazzo, Marco Billeci e Adriano Biondi. Nel video, registrato durante una cena con i responsabili di alcune società di formazione, Durigon confida di non preoccuparsi delle indagini della magistratura che riguardano il suo partito. “I tre commercialisti? Tutte cazzate“, dice senza essere ripreso, riferendosi evidentemente ad Alberto Di Rubba, Andrea Manzoni e Michele Scillieri, i commercialisti legati al Carroccio arrestati nell’inchiesta milanese sul caso Lombardia Film Commission. “Lascia perdere, sono i giornali, fidati di me”, aggiunge. Al che il suo interlocutore lo incalza: “Veramente? Ci sta lui che sta facendo le indagini? Proprio questo della Finanza?”. La risposta: “Shhh, dai“.

Fanpage getta luce anche sui conti del sindacato (mai resi pubblici) e sulla sua effettiva rappresentatività: Ugl sostiene di contare 2 milioni di iscritti, ma secondo un centinaio di lavoratori aderenti, che hanno anche presentato una denuncia penale, il numero reale degli iscritti non supera i 65-70mila. Sull’argomento Durigon, ripreso in video all’uscita da un ristorante, il leghista parla così con un sindacalista: “Noi anche in Puglia dobbiamo fare delle nomine. A noi che cazzo ce ne frega? Io ti posso pure buttare dentro qualche nomina”. In quella Regione, però, pochi giorni dopo avrebbe vinto il centrosinistra.

Ma non finisce qui: Durigon – originario di Latina, storica roccaforte laziale dell’estrema destra – avrebbe avuto dei legami con Simone di Marcantonio, imprenditore a capo della Gestione & Soluzioni. Secondo la Dda, attraverso la società Ride Srl sarebbe uno dei prestanome di Sergio Gangemi, già condannato a 9 anni in primo gradodalla procura di Velletri per estorsione con metodo mafioso. Di Marcantonio, il cui ruolo nelle vicende giudiziarie è ancora da chiarire, compare inoltre in diverse iniziative elettorali della Lega di Salvini nel Pontino ed è stato nominato da Durigon dirigente sindacale Ugl per le partite Iva nel Lazio poco prima di dimettersi dalla carica di vicepresidente dopo essere stato eletto a Montecitorio. 

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Le reazioni

L’inchiesta ha scatenato un duro scontro verbale in aula alla Camera tra M5s e Lega. “Le parole del sottosegretario Durigon – ha detto in aula il deputato M5s, Eugenio Saitta – destano sconcerto e inquietudine. Parole gravissime, inaudite e inaccettabili che il ministro dell’Economia Daniele Franco, deve chiarire in Parlamento. È necessaria, trasparenza, chiarezza e di tutelare il Mef che è certamente estraneo a questi fatti”.

“Siamo stufi di vedere da parte del M5s – ha ribattuto Davide Ziello a nome della Lega – trasformare l’aula del Parlamento in un tribunale. Noi siamo garantisti e quelle di cui parlate sono solo delle inchieste giornalistiche. Dal punto di vista giudiziario non c’è nulla. Le uniche dichiarazioni sulle quali si dovrebbero concentrare i deputati 5Sstelle, sono quelle della sottosegretaria alla Giustizia, Macina, che utilizzando il proprio ruolo, si è permessa di entrare nel merito di un processo penale, in corso che tocca il figlio di Beppe Grillo, fondatore e leader del M5s. Basta co la vostra logica forcaiola e garantista a giorni alterni”.

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Secondo Saitta, l’inchiesta di Fanpage su Durigon, “parla di rapporti con ambienti non limpidi, di rapporti opachi tra l’Ugl e lo staff della comunicazione del partito di Salvini, la cosidetta ‘bestia’. L’inchiesta ripercorre anche la vicenda dei 49 milioni – ha detto in aula il deputato M5s – che non è solo giornalistica ma giudiziaria. Ciò che desta preoccupazione e sconcerto, sono le parole di Durigon. Il quale nella conversazione videoregistrata dice non avere timore delle inchieste giudiziarie che riguardano la Lega, perché l’uomo della Gdf che le conduce ‘è stato messo da noi'”.

“Parole gravissime sia che i fatti siano veri o falsi. Durigon è sottosegretario al Mef, ministero che è a capo della Gdf. Parole gravi – insistito – perché possono far sorgere il dubbio che ci siano uomini o donne della Gdf asserviti a interessi di parte di una forza politica. Questo è inaudito e inaccettabile. Chiediamo l’intervento in Parlamento del ministro Franco perché c’è bisogno di chiarezza e trasparenza e affinchè tuteli il Ministero che è certamente estraneo a questi fatti”, ha concluso Saitta.

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