Renzi e Salman: la repubblica democratica non è compatibile con l’adulazione dei despoti
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Renzi e Salman: la repubblica democratica non è compatibile con l’adulazione dei despoti

Serve una norma che impedisca a ogni rappresentante delle istituzioni italiane di intrattenere rapporti privati con Paesi stranieri che violano i principi della Costituzione pena la decadenza

Salman e Renzi
Salman e Renzi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Febbraio 2021 - 15.21


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Incorreggibile. Impudente. L’autocritica non sa dove sia di casa. L’arroganza non conosce limiti. Non si smentisce mai, il senatore di Rignano. Dopo essersi esercitato nella remuneratissima intervista in ginocchio al “Totò Riina” di Riyadh, il prode Renzi si esercita, sulla sua enews, nell’intervista “alla Marzullo”, ovvero fatti una domanda e datti una risposta. Lui, sul caso Khashoggi-MbS di domande se ne è fatte quattro. Globalist lo ha puntualmente documentato esercitando una critica argomentata. Ma vale la pena tornarci su. E lo facciamo con il prezioso contributo di  Nello Rossi,  direttore di Questione Giustizia.

“Se l’Italia – scrive Rossi – vuole conservare un accettabile grado di credibilità nel contesto internazionale, deve stringere un cordone sanitario intorno a sortite come quella ‘araba’ di Matteo Renzi, ricordandogli che essere stato presidente del Consiglio comporta oneri anche quando si è cessati dalla carica e che essere parlamentari di una Repubblica democratica non è compatibile – eticamente e politicamente –  con l’adulazione dei despoti. Ne va della capacità del nostro Paese – ed è per questo che una Rivista di magistrati ritiene di dover intervenire – di svolgere il ruolo cui ambisce, e nel quale ha profuso tante energie e risorse, di protagonista nella tutela dei diritti umani fondamentali nel mondo”. 

E ancora: “Risale solo a qualche settimana fa lo spettacolo di un ex Presidente del Consiglio, senatore in carica e leader di una forza politica presente in Parlamento e nel Governo, che si reca alla corte del principe ereditario Muhammad bin Salman per rendergli omaggio ed intrattenersi amabilmente con lui sul Rinascimento arabo ed altre amenità, tra cui l’invidiato costo del lavoro in Arabia Saudita (dovuto, per inciso, all’enorme numero di immigrati che vi lavorano).  Stropicciamoci gli occhi per assicurarci di essere ben svegli, di non avere le traveggole, di non vedere doppio. Dinanzi a noi ci sono due Muhammad bin Salman.  Il primo, additato, ieri come oggi, come il mandante dell’efferato omicidio di un giornalista dissidente, come l’utilizzatore della violenza come metodo di governo, come un autocrate detentore di un potere incontrollato e incontrollabile. Il secondo, elogiato, riverito, vezzeggiato, adulato.  Da molti dei suoi sudditi, con l’attenuante della paura per la propria esistenza e per quella delle loro famiglie.  Da un rappresentante del popolo italiano, con il corredo del cinismo politico e del tornaconto economico, e senza neppure la possibilità di invocare la foglia di fico della ragion di Stato o della necessità di mantenere in vita accettabili relazioni diplomatiche.  Eppure la prima reazione – un vivo rossore di vergogna, di sdegno, di ripulsa – che l’accaduto suscita nei cittadini che hanno ancora a cuore l’Italia e la sua ‘civiltà’ deve cedere il posto ad una più attenta valutazione istituzionale e a domande sin qui neppure poste o comunque rimaste senza alcuna risposta.  La visita di Matteo Renzi – al di là degli aspetti e dei toni che hanno suscitato tra molti spettatori un riso assai amaro – aveva uno scopo preciso: legittimare un governante screditato sulla scena internazionale, rinsaldando il suo potere all’interno del Paese e mostrandolo ai suoi sudditi come interlocutore privilegiato di chi ha ricoperto altissimi incarichi istituzionali in un grande Paese democratico.  Che queste finalità, come è più che probabile, non siano state raggiunte non attenua la gravità dell’atto compiuto e non mitiga la responsabilità politica dell’inqualificabile iniziativa.  Si è assistito ad una svendita a prezzi di saldo non dell’immagine di Matteo Renzi ma di quella del nostro Paese, messo in evidente imbarazzo dalla sconcertante performance televisiva di un suo esponente politico di primo piano. 

Se l’Italia vuole conservare un accettabile grado di credibilità nel contesto internazionale, deve stringere un cordone sanitario intorno a sortite come quella “araba” di Matteo Renzi, ricordandogli che essere stato presidente del Consiglio comporta oneri anche quando si è cessati dalla carica e che essere parlamentari di una Repubblica democratica non è compatibile – eticamente e politicamente –  con l’adulazione dei despoti. 

Ne va della capacità del nostro Paese – ed è per questo che una Rivista di magistrati ritiene di dover intervenire – di svolgere il ruolo cui ambisce, e nel quale ha profuso tante energie e risorse, di protagonista nella tutela dei diritti umani fondamentali. 

Non vendere la primogenitura per un piatto di lenticchie è il minimo che si deve a quanti per la Repubblica democratica hanno lavorato, lottato, sofferto e persino dato la vita ed a coloro che sono impegnati, in ogni parte del mondo, nella salvaguardia del diritto e dei diritti, di contro alla violenza e alla sopraffazione”. 

Meglio di così è difficile dire. 

Domanda n.3: E’ giusto intrattenere rapporti con un Paese come l’Arabia Saudita?, si chiede Renzi-Marzullo. 

E si risponde: Sì. Non solo è giusto, ma è anche necessario. L’Arabia Saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell’Occidente da anni. Anche in queste ore – segnate dalla dura polemica sulla vicenda Khashoggi – il Presidente Biden ha riaffermato la necessità di questa amicizia in una telefonata a Re Salman. Biden ha, tuttavia, ribadito la necessità di procedere con più determinazione sulla strada del rispetto dei diritti. Non dimentichiamo che, fino a cinque anni fa, in Arabia Saudita – per fare un esempio – le donne non potevano nemmeno guidare la macchina. Le esecuzioni capitali stanno scendendo da 184, nel 2019, a 27 nel 2020. Ma Biden ha chiesto giustamente di fare di più. Soprattutto sulla questione del rispetto dei giornalisti…”.

In poche righe c’è un concentrato di panzane la patria del wahabismo, la corrente più integralista del sunnismo,  di Osama bin Laden, di 15 dei 19 autori degli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono “baluardo contro l’estremismo islamico”!!!!), di ricostruzioni farlocche, di sballate chiamate in causa: Biden ha volutamente evitato ogni rapporto con il principe-mandante del barbaro assassinio di Khashoggi, e questo non è un dettaglio ma è sostanza che un (sedicente) esperto di politica internazionale come il leader di Italia Viva fa finta di non cogliere.

Renzi si picca di avere importanti frequentazioni negli Usa. Di certo, non ne dubitiamo, se non ci ha fatto un selfie insieme quanto meno sa chi sia Susan Rice. Ex collaboratrice di Barack Obama e ora esponente dell’amministrazione Biden, così si espresse sul tema: nel 2018, dalle pagine del New York Times, aveva chiesto senza mezzi termini di privare Mohamed bin Salman della carica di principe ereditario e dunque di futuro monarca saudita.  Tutto questo lascia intendere che i rapporti tra l’Arabia Saudita e la nuova amministrazione non saranno distesi, e non c’è da stupirsi.  Riyadh, infatti, si oppone ferocemente all’intenzione di Biden di resuscitare l’accordo sul nucleare con l’Iran, grande nemico dei sauditi nel Golfo. Questa ostilità è stata un grande punto di convergenza con Donald Trump, l’uomo che aveva ritirato gli Stati Uniti dall’accordo. Due settimane dopo la vittoria di Biden, un vertice mai confermato dal governo saudita aveva riunito nel regno il principe Mohamed bin Salman, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il capo della diplomazia di Donald Trump, Mike Pompeo. L’Iran – e Joe Biden – erano in cima all’ordine del giorno. 

Ecco dieci cose da sapere sul regno della crudeltà. A stilarle è Amnesty International

1 – Guerra devastante nello yemen

La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha contribuito in modo significativo a una guerra che ha devastato lo Yemen negli ultimi tre anni e mezzo, uccidendo migliaia di civili, compresi i bambini, bombardando ospedali, scuole e case.

I nostri ricercatori hanno documentato ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi i crimini di guerra. Nonostante ciò, l’Italia e altri paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia continuano a fare affari lucrosi con i sauditi.

2 – Incessante repressione contro attivisti pacifici, giornalisti e accademici

Da quando il principe ereditario Mohammed bin Salman è salito al potere, molti attivisti sono stati arrestati o condannati a lunghe pene detentive semplicemente per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, associazione e assemblea.

Le autorità hanno preso di mira la piccola ma rumorosa comunità di difensori dei diritti umani, anche usando le leggi anti-terrorismo e contro il cyber-crimine per sopprimere il loro attivismo pacifico come strumento di opposizione alle violazioni dei diritti umani.

3 – Arresti di difensori dei diritti delle donne

All’inizio del 2018, una serie di eminenti difensori dei diritti delle donne sono stati arrestati durante repressione messe in atto dal governo saudita. A maggio, Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef sono stati arrestati arbitrariamente. Dopo il loro arresto, il governo ha lanciato una campagna diffamatoria per screditarli come “traditori”. Ora rischiano una lunga pena detentiva. Tre anni dopo, sono ancora detenute. L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda Loujain al-Hatloul, attivista per i diritti delle donne condannata a cinque anni e otto mesi di carcere al termine di un processo iniquo celebrato dal Tribunale penale speciale, che si occupa di casi di terrorismo. Giudicata colpevole di “spionaggio per potenze straniere” e “cospirazione contro il regno” saudita, solo per aver promosso i diritti delle donne e aver chiesto e ottenuto la fine del sistema del sistema del guardiano maschile, che controlla ogni aspetto della vita delle donne. La condanna è stata poi sostanzialmente neutralizzata ma le rimangono ancora tre mesi di carcere.

4 – Esecuzioni

L’Arabia Saudita emette ogni anno moltissime condanne a morte, spesso eseguite con macabre decapitazioni pubbliche. Riteniamo che la pena di morte violi il diritto alla vita e sia crudele, inumana e degradante. Inoltre, nonostante sia dimostrato come la condanna a morte non scoraggi le persone dal commettere reati, l’Arabia Saudita continua a emettere queste sentenze e a eseguirle, a seguito di processi gravemente iniqui.

5 – Punizioni crudeli, inumane o degradanti

Le corti dell’Arabia Saudita continuano a imporre condanne di flagellazione come punizione per molti reati, spesso a seguito di processi iniqui. Raif Badawi è stato condannato a 1.000 frustate e 10 anni di carcere semplicemente per aver scritto un blog. Amputazioni e amputazioni incrociate, che invariabilmente costituiscono tortura, sono anche eseguite come punizione per alcuni crimini.

6 – Tortura e maltrattamenti

L’uso della tortura come strumento punitivo, e altri maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza rimangono comuni e diffusi, mentre i responsabili non sono mai chiamati a giustificare i propri comportamenti di fronte alla giustizia.

7 – Discriminazione sistematica delle donne

Le donne e le ragazze sono discriminate e legalmente subordinate agli uomini in relazione al matrimonio, al divorzio, alla custodia dei figli, all’eredità e ad altri aspetti. Sotto il sistema di tutela, una donna non può prendere decisioni per conto proprio, bensì è un parente maschio a decidere tutto a suo nome.

8 – Discriminazione religiosa

I membri della minoranza sciita del Regno continuano a essere discriminati: limitato il loro accesso ai servizi pubblici e all’occupazione. Decine di attivisti sciiti sono stati condannati a morte o a lunghe pene detentive per la loro presunta partecipazione a proteste antigovernative nel 2011 e nel 2012.

9 – “Ciò che succede nel Regno, resta nel Regno”

È noto che le autorità saudite intraprendono azioni punitive, anche attraverso i tribunali, contro attivisti pacifici e familiari di vittime che per chiedere aiuto contattano organizzazioni indipendenti per i diritti umani, come la nostra, o diplomatici e giornalisti stranieri.

10 – L’omicidio di JamaL Khashoggi

Dopo l’orribile uccisione di Jamal Khashoggi, Amnesty International ha chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di istituire un’indagine indipendente delle Nazioni Unite sulle circostanze che hanno portato all’esecuzione extragiudiziale di Khashoggi, l’eventuale tortura e altri crimini e violazioni commessi al suo caso.

Richiesta respinta da Ryadh. 

“Matteo d’Arabia” queste cose le sa. Ma evidentemente valgono meno di 80mila euro.

Propostina

Non ho violato norme o leggi, sottolinea Renzi. Sul piano normativo ha ragione. Su quello dell’etica e della responsabilità istituzionale, è meglio lasciar perdere. Ma a quanti si sono giustamente indignati sulla performance renziana sul “Nuovo Rinascimento” saudita, Globalist avanza una propostina: impegnatevi, in Parlamento magari col sostegno di una raccolta firme sui social media,  per varare una norma che impedisca a ogni rappresentante delle istituzioni italiane di intrattenere rapporti privati con Paesi stranieri che violano i principi sanciti nella nostra Costituzione in modo che chi lo fa decade automaticamente dalla sua carica. Chi se ne fa carico? 

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