Gori dà l'assalto a Zingaretti: "Serve un congresso per trovare un altro segretario del Pd"
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Gori dà l'assalto a Zingaretti: "Serve un congresso per trovare un altro segretario del Pd"

Il sindaco di Bergamo fa parte della corrente degli ex renziani di base riformista: "Dobbiamo fare presto perché in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare il Paese".

Zingaretti e Gori
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21 Giugno 2020 - 09.40


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Ma davvero questo è il momento di dare il via a una campagna congressuale che, a dire il vero, non è alle porte?

Serve un “cambio di marcia” deciso, con un Pd non più “accondiscendente” verso gli alleati 5 Stelle e ministri Dem in ruoli chiave nell’esecutivo. Il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori in una intervista su Repubblica torna a chiedere un congresso nel Pd per cambiare il leader Nicola Zingaretti. Una assise da fare presto, “perché – ragiona – in autunno potrebbe essere troppo tardi per salvare il Paese”.

“In questa fase così difficile -sottolinea- serve un Pd molto più determinato e incisivo. Il punto è quello posto dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: quest’anno avremo un crollo del Pil, tra il 9 e il 13 per cento, e rischiamo di perdere tra 1,2 e 2 milioni di posti di lavoro. È arrivato il momento di accelerare le riforme di cui il Paese ha bisogno. I sussidi servono per tamponare l’emorragia, ma non bastano. Dobbiamo tornare a far crescere l’Italia, di almeno l’1,5 per cento all’anno, o saremo travolti. E il Pd, come forza di sinistra e di governo, ha il dovere di fare, non solo di enunciare, le cose che servono per ottenere quel risultato”.

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“Dovremmo essere -incalza Gori- il partito del lavoro, il punto di riferimento dei lavoratori, degli operai e degli imprenditori, dei precari e delle partite Iva, delle donne e dei giovani, e non lo siamo. L’accordo con i 5 Stelle ha spostato il nostro baricentro sulla protezione sociale, come se potesse esistere senza creazione di ricchezza e crescita. Vedo ritornare vecchi pregiudizi anti-impresa e l’idea dello Stato imprenditore, tendenza Mazzuccato. Non possiamo interpretare questo rapporto come un’alleanza strutturale in cui pur di andare d’accordo si sacrificano tratti fondamentali della nostra identità”. 

Molte le cose sacrificate dal Pd sull’altare dell’alleanza con il M5s. “Il dovere d’essere accanto alle forze produttive del Paese, l’impegno a varare lo Ius culturae e a cancellare i decreti (in)sicurezza voluti da Salvini. Non abbiamo toccato Quota 100 né corretto il reddito di cittadinanza. Abbiamo digerito la cancellazione della prescrizione e il decreto intercettazioni, non abbiamo risolto i casi Ilva, Alitalia e Autostrade; sulla legge elettorale abbiamo sacrificato la nostra proposta; dopo tre voti contrari abbiamo votato sì al taglio del 30 per cento della rappresentanza parlamentare…”.

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Gori poi esclude di avere pregiudizi personali su Zingaretti: “Ho simpatia e stima personale nei confronti di Zingaretti, e nessun pregiudizio. Non voglio affatto personalizzare la questione. Osservo però la difficoltà del Pd a essere una forza davvero riformista. Riforma della pubblica amministrazione, della giustizia, fiscale: da quanto ne parliamo? Il segretario coltiva l’unità, e io sono per l’unità, ma la concordia non può essere né un feticcio né un fine ultimo. E non può sequestrare il dibattito interno. Nessuno auspica un voto adesso, ma non possiamo accontentarci”.

Gori poi precisa di non avere un proprio candidato alla guida del Pd. E sull’ipotesi Stefano Bonaccini, sottolinea: “Non ho candidati. L’unico “non candidato” è il sottoscritto. Per il resto, chiunque interpreti con coraggio questa impostazione per me è un buon candidato”. La strada, dunque, per Gori è quella di un nuovo congresso: “Non domani mattina, ma è quello che serve”, precisa. “Zingaretti lo sa tanto che per primo, a dicembre, ha annunciato un grande congresso di “rifondazione”. Bene, facciamolo. Lui stesso è consapevole di aver condotto il partito a fare scelte diverse da quelle con cui si era candidato. A cominciare dall'”alleanza strategica” con M5S, che è cosa ben diversa da una necessaria collaborazione di governo”.

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Quanto all’ipotesi rimpasto di Governo Gori sottolinea: “Vista l’emergenza occupazione che ci aspetta, considero un grave limite che il Pd non abbia responsabilità diretta nei ministeri chiave, come quello del Lavoro, dello Sviluppo Economico e dell’Istruzione, tutti lasciati agli attuali alleati”.

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