Le armi ad al-Sisi: se la sinistra è contagiata il virus letale del "governismo"
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Le armi ad al-Sisi: se la sinistra è contagiata il virus letale del "governismo"

Il “governismo” riduce la politica a mera gestione dell’esistente, cancella il conflitto sociale, riduce principi e valori a esercizio retorico, distrugge ogni tentativo di coniugare idealità e concretezza.

Verità per Giulio Regeni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Giugno 2020 - 14.42


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Il virus del “governismo” ha colpito la sinistra. Trattasi di un virus pericoloso, che può rivelarsi letale. Un tempo, neanche troppo lontano, un grande leader di un grande partito, aveva praticato l’idea, non lo slogan, di una forza di lotta e di governo. Quella di Enrico Berlinguer non era la riproposizione aggiornata della cosiddetta “doppiezza togliattiana”, ma l’affermazione di una funzione nazionale che il Pci svolgeva dall’opposizione, ma con un’ottica di governo.

Governo come leva per il cambiamento, e non come occupazione del potere. Governo come strumento, non come fine.
Il “governismo” è tutt’altra cosa. E’ pensare che stare nelle stanze dei bottoni, stanze per lo più fittizie in un mondo dominato dalla finanza globalizzata, è l’unico modo per incidere, per esistere. Che errore esiziale.

Il “governismo” riduce la politica a mera gestione dell’esistente, cancella il conflitto sociale, riduce l’evocazione di principi e valori che dovrebbero orientare l’agire politico, a esercizio retorico, distrugge ogni tentativo di coniugare idealità e concretezza.
La vicenda della vendita di armi all’Egitto è, da questo punto di vista, tristemente esemplare. E’ il tatticismo elevato a strategia, l’ipocrisia spacciata come sana realpolitik. Vendiamo le armi agli assassini di Giulio Regeni, ad uno dei più feroci stati di polizia la mondo, perché così possiamo contare di più, dal nulla attuale, in Libia e nel Mediterraneo. Abbiamo letto anche questo. E le vendiamo, perché “l’Egitto è un Paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente”: che miserevole arrampicatura sugli specchi.

Nel praticare questa linea, la sinistra tradisce se stessa, oltre che Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio. Chi scrive conosce da una vita Piero Fassino: so della sua passione per la politica, del suo iperattivismo. L’ho apprezzato per il suo interesse per la politica estera e per l’impegno nel sostenere le ragioni del dialogo fra Israeliani e Palestinesi. Non è una premessa retorica. Ma proprio perché penso questo, devo dire che non mi convincono neanche un po’ alcune  affermazioni, contenute in una sua intervista a Repubblica,  quali: “Se L’Italia rompesse con l’Egitto, la verità si allontanerebbe…”.

E ancora: “L’accordo commerciale con la vendita delle due fregate militari agli egiziani è un atto di responsabilità…”. No, caro Piero, quello che tu definisci un atto di responsabilità, è in realtà un atto di cedimento ad un regime che ha fatto di tutto per occultare la verità sull’assassinio di Giulio Regeni, con omissioni, depistaggi a getto continuo.

La “commessa della vergogna” è un atto che rafforza il presidente-gendarme Abdel Fattah al-Sisi nella sua sistematica azione di repressione contro chiunque gli si opponga. Una sinistra che nega questa verità, nega se stessa. E nega se stessa quando chiude i porti ai migranti, con il pretesto del Covid-19, quando sulla sicurezza rincorre la destra sovranista e parafascista.

D’altro canto, è stato un ministro di sinistra – Marco Minniti da quella storia proviene – ad affermare che “sicurezza è parola di sinistra”. Sicurezza, non legalità e diritti sociali e di cittadinanza per rifugiati e richiedenti asilo. 

Una sinistra senza ideali non è più tale. E’ morta. Uccisa dal virus “governista”.

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