Luciana Castellina: «Il fascismo c’è sempre, il 25 aprile ci troviamo in una piazza virtuale»

La politica e scrittrice: «Celebriamo la Liberazione con un sito e l’Anpi». Festa divisiva? «Il diritto di essere fascista non esiste». Effetti del virus? «Vediamo i guasti del neoliberismo e dell’inquinamento»

Luciana Castellina
Luciana Castellina
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Stefano Miliani Modifica articolo

15 Aprile 2020 - 15.41


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«Per i settantacinque anni dalla Liberazione abbiamo lanciato l’iniziativa con il sito “25 aprile 2020” (clicca qui) coinvolgendo l’Anpi, l’associazione dei partigiani, che è stata molto contenta». Luciana Castellina, politica, giornalista già tra i fondatori del Manifesto, scrittrice, a 91 anni invita tutti a festeggiare da casa il giorno in cui il regime fascista fu abbattuto.

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Come affrontare la ricorrenza quando non è possibile ritrovarsi in piazza per il contenimento da Covid19?
Con il sito di cui le ho detto. Per il 25 aprile ci troviamo tutti in una piazza naturalmente virtuale. Abbiamo lanciato l’iniziativa come persone, non a nome delle rispettive organizzazioni, con l’aiuto di Carlo Petrini di Slow Food. Stiamo raccogliendo veramente tante adesioni, da Fiorello ad Amadeus, intellettuali illustri, architetti, centri sociali, cuochi, attori. Abbiamo visto un grande entusiasmo nelle risposte e vediamo uno specchio della società italiana.

Chi partecipa?
Parleranno Carla Nespolo, la presidente dell’Anpi, e una partigiana, Marisa Rodano. Per partecipare ci sono due siti: uno è www.25aprile2020.it e sarà anche su Facebook e Whatsapp, ma il giorno 25 useremo anche un sito sulla piattaforma di repubblica.it dove parlerà Gad Lerner che farà da regista a una cerimonia a cui parteciperemo dalla nostra stanza cantando Bella ciao. Occorre registrarsi dando 2 euro che verranno distribuiti a chi si occupa dei senza casa. Una manifestazione così avrà anche un vantaggio: quando canteremo Bella ciao nessuno si accorgerà di chi è stonato.

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Più esponenti della Destra, dalla Lega e Fratelli d’Italia, l’hanno scorso hanno attaccato la festa del 25 aprile definendola “divisiva”. Ma ricordare una guerra con fascisti e nazisti da una parte e chi lottava per la libertà dall’altra non è per sua natura “divisiva”?
L’antifascismo è consacrato dalla nostra Costituzione, è uno dei fondamenti della Repubblica italiana. Del resto è scritto anche nella nuova Costituzione della Germania. Loro devono mettersi in testa che la loro epoca storica è stata condannata dalla storia: non esiste il diritto di essere fascista, infatti esiste il reato di apologia del fascismo.

Però abbiamo visto sindaci partecipare a cene che inneggiavano apertamente al fascismo.
Certo, negli ultimi tempi ha dilagato una destra che prima non si azzardava a dire di essere fascista. Con Salvini si è sentita legittimata e un sindaco può prendere iniziative per il fascismo che è cosa gravissima.

Gli effetti del Coronavirus?
Viceversa, il coronavirus ha spinto a una rinnovata riscoperta dell’antifascismo che vuol dire innanzi tutto lotta per la democrazia e l’uguaglianza: l’esigenza di festeggiare il 25 aprile è più forte che mai.

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La minaccia del ritorno del fascismo però non è scomparsa. Basta pensare a quanti voti ha preso un partito di ispirazione neonazista in Germania. Cosa verrà fuori da questa crisi?
La minaccia resta, però, come sempre accade dalle crisi anche profonde, non si esce come prima, questa crisi è internazionale e forse non se ne è mai vissuta prima una così. Se ne può uscire molto peggio o molto meglio, i due scenari sono lì. Dipende da cosa sapremo fare.

Qual è lo scenario peggiore e quale il migliore?
Il peggio può verificarsi perché da una crisi sociale così forte scatterà una guerra barbarica in difesa dei privilegi e una giusta ribellione dei più poveri e sacrificati. Però è possibile anche uno scenario più ottimista in cui credo. Si è scoperto che il nostro sistema non va, il neoliberismo globalizzato ha prodotto guasti immensi di inuguaglianza. Lo vediamo anche adesso. È un ben dire “sto a casa” ma c’è chi non ha una casa o deve andare per strada per un lavoro che dia da mangiare e questa è una prima terribile ingiustizia. Quel sistema non funzionava anche per ragioni ecologiche. Adesso forse cominciamo a rendercene conto. La storia di questo virus dimostra che molti guasti provocati delle nuove malattie sono causati dal modo in cui produciamo da mangiare, da come trattiamo l’ambiente. Anche la vicenda della Lombardia è significativa: è la zona più inquinata d’Italia, ha una morfologia a conca come una grande zuppiera che facilita e mantiene i guasti dell’inquinamento. È bene allora che si ripensi a tutto. Il virus ha un’altra conseguenza: ci fa riscoprire l’importanza degli altri. Usciamo da decenni di individualismo feroce che ha prodotto un cittadino orribile: “penso a me stesso e non penso agli altri”. Invece ora si scopre che senza gli altri non esistiamo, anzi non sopravviviamo senza una rete articolata di rapporti sociali. È un effetto positivo: i problemi si risolvono solo in una dimensione di collettività che si era perduta. Vedremo cosa succede.

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