Disperazione e solitudine nell'agitazione ininterrotta di Renzi
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Disperazione e solitudine nell'agitazione ininterrotta di Renzi

La verità è forse che pur nella solita baldanza Renzi possa cominciare ad avvertire la sostanziale irrilevanza del suo agitarsi solitario

Matteo Renzi
Matteo Renzi
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Nuccio Fava Modifica articolo

21 Febbraio 2020 - 13.13


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C’è di sicuro anche un elemento di disperazione e di solitudine nell’agitazione ininterrotta di Matteo Renzi. Si volta in tutte le direzioni, attaccando in modo forsennato il presidente del Consiglio che pure ha contribuito ad indicare al momento del passaggio alla nuova formazione del Conte bis.
Era stato del resto lo stesso Renzi a sostenerne la soluzione superando riluttanze e riserve esplicite nello stesso partito democratico di cui l’ex segretario era ancora componente importante. Ma già si poneva il tarlo del protagonismo con la nascita di Italia viva e la progressiva differenziazione all’interno della maggioranza di governo, specie sul tema della prescrizione, ma non solo e in polemica anche col suo ormai ex partito e col segretario Zingaretti, accusato sistematicamente di cedevolezza e appiattimento nei confronti dei 5Stelle.
In una situazione comunque difficile e con equilibri programmatici da cercare e ricercare sino alla fine con grande pazienza e senso di responsabilità, non è certo difficile trovare ragioni di distinguo se non di vero dissenso che finiscono inevitabilmente per rallentare le risposte urgenti di cui i cittadini avvertono il bisogno. Su questo terreno si colloca ad ogni piè sospinto il movimentismo di Renzi che si esprime a modo suo con efficacia come l’altra sera dinnanzi alle telecamere, sempre disponibili, della Rai. Anche nel suo modo di esprimersi a me ha ricordato uno di quegli attori bravi di vecchi film americani che interpretano la parte di un killer che illustra a dei complici il piano di realizzazione di un colpo in banca, in una cittadina del Texas.
L’occasione è propizia per annunciare anche l’ultimatum dell’impresa da compiere entro Pasqua, un vero e proprio ultimatum insolito per aprire una crisi di governo. Questa stessa modalità esprime una qualche incertezza di strategia o più semplicemente un avvertimento per ottenere risposta. E in effetti in modo molto pacato la risposta è giunta da Bruxelles dove il presidente del Consiglio, alle prese con una riunione straordinaria di bilancio della Ue, ha ribadito di tenere le porte sempre aperte e di potere incontrare Renzi la prossima settimana. C’è sul tappeto una proposta del segretario d’Italia viva per un pacchetto straordinario di interventi di opere pubbliche ed infrastrutturali con coperture finanziarie già disponibili e che andrebbero facilitate nella loro esecuzione.
Francamente con la maggioranza già alle prese con la regia del ministro del Tesoro proprio a valorizzare interventi che aiutino la ripresa e la copertura delle esigenze più urgenti e prioritarie, perché un confronto di tal genere tra Conte e Renzi debba essere drammatizzato o presentato aprioristicamente come un possibile casus belli.
La verità è forse che pur nella solita baldanza Renzi possa cominciare ad avvertire la sostanziale irrilevanza del suo agitarsi solitario, senza sponde in nessun settore dello schieramento politico. Tanto più dopo che la sua improvvisata e scombinata proposta di elezione diretta del presidente del Consiglio appare una estrema e stravagante uscita propagandistica, respinta e comunque lasciata cadere da tutti.

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