La salvinizzazione di Raggi che usa le ruspe contro i Rom per tenersi la poltrona

Il capo del Viminale minaccia: adesso vado a Roma a mettere mano ai campi nomadi, che sono un casino. La sindaca batte le mani contenta e per farsi bella usa i finti rimpatri assistiti

Virginia Raggi
Virginia Raggi
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23 Luglio 2018 - 13.28


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Nel 2017 intervistato da La7 Matteo Salvini liquidava Virginia Raggi come “una nullità”. Diceva: “In sette mesi non ha mosso un dito. Vado a Roma ogni settimana e sono sconcertato, una città pribva di decoro, abbandonata a sé stessa”. Poi come sappiamo l’acqua è passata sotto ai ponti e le posizioni sono cambiate. Però se il capo del Viminale minaccia di verificare la situazione dei campi Rom della Capitale, i vede che non ha cambiato molto l’idea sull’operato di Raggi. Il leghista ha detto oggi: ” “Vedrò mercoledì il sindaco Raggi perché a Roma la situazione sui rom è un casino totale, con migliaia di presenze: il mio obiettivo è arrivare a zero campi rom, con le buone maniere, educatamente, rispettosamente, ma arrivare a quota zero. Ho proposto di fare un controllo sulle presenze – ha aggiunto il vicepremier – e mi hanno dato del nazista. Ma possono esserci anche finlandesi nei campi rom, vado a controllare chi c’è, possono essere italiani, romeni, slavi, extracomunitari, e l’obiettivo è arrivare a una chiusura progressiva”.
Replica inconsistente della sindaca: “Sarà bellissimo visitare i campi insieme al ministro”, come se i due insieme andassero a fare una passeggiata romantica. Nelle settimane precedenti la minaccia di Salvini, la prima cittadina della Capitale ha chiuso con le ruspe l’unico campo nomadi funzionante: il River. Dei 350 residenti solo il 4% (ovvero 14 persone), su proposta del Campidoglio, si è trasferito in Romania. Un numero esiguo. Ma per rafforzare il proprio vacillante ruolo la sindaca si improvvisa regista e pubblica il video di due nomadi che hanno optato per il rimpatrio assistito. Tutto per dire che Comune, sul piano assistenziale, ha fatto la sua parte. Chiacchiere.
Scrive RomaToday in un articolo molto informato: “La realtà parla invece di un impianto socio assistenziale che, almeno al Camping River, si è rivelato inefficace. I pochissimi che hanno lasciato le baracche sono tornati in Romania. Tutti gli altri stanno per strada. E il campo, più che chiuso, sarebbe corretto dire che si è “spostato”. Perché gli altri 336 stanno dormendo in strada. Senza contare che durante le operazioni di rimozione delle casette di Roma Capitale, 13 moduli su 65 sono stati distrutti. Con un danno erariale stimato (dalla Cgil Roma) in mezzo milione di euro. Uno spreco di denaro pubblico oggetto tra l’altro di un’interrogazione parlamentare che attende risposta. Un attivismo, quello della sindaca, che sta alimentando dure reazioni di politici e associazioni umanitarie.

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Di “salvinizzazione” e “propaganda” parla Alessandro Capriccioli, consigliere regionale del Lazio di +Europa Radicali. “Esultare per aver ottenuto 14 rimpatri ‘volontari’ di ex abitanti del Camping River mentre nelle ultime settimane ci si è di fatto adoperati per cacciarli tutti con una surreale opera di distruzione dei moduli abitativi, con il distacco dell’acqua e con la cessazione di ogni servizio essenziale, è un atteggiamento del tutto fuori luogo e che distorce completamente la realtà”. Stessi toni da Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio: “Neanche il rispetto è rimasto, neanche il pudore di fronte a povere persone utilizzate per coprire le vergogne di un fallimento”. E ancora: “Il motivo dello sgombero è uno solo: il Comune di Roma le ha riconosciute colpevoli del fallimento del “Piano rom” e, con la visita di Salvini alle porte, dovranno pagare questo prezzo”.

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