Marra, l'odore di massoneria e i tentacoli degli amici degli amici

Dietro l'errore di quella nomina non c'è solo l'errore di una sprovveduta, ma forse ci sono altri orrori

La sindaca di Roma Virginia Raggi
La sindaca di Roma Virginia Raggi
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16 Dicembre 2016 - 17.34


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di Tancredi Omodei

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“Marra è uomo di fiducia della Raggi e non si poteva non arrestarlo perché avrebbe commesso altri reati”. Il Gip di Roma che ha iniziato a chiarire il ruolo di Marra nella schiera del sindaco Cinque Stelle della capitale, sembra rispondere alla Raggi che in uno sconfortante monologo spacciato per conferenza stampa si era limitata a dire: “Abbiamo sbagliato…”. No, proprio no, signora Raggi.

L’identikit, il percorso, la sicurezza di poterci essere con la sinistra come la destra, dice qualcosa di più di Marra. Sotto la barba, non l’errore di una sprovveduta, ma un altro orrore di quei misteriosi scenari che, non la politica ma la vituperata magistratura, solo lei, ha cominciato a scoprire. A cominciare dal pentolone di Mafia Capitale. Marra non è stato un errore, i primi passi dell’inchiesta che lo hanno portato in carcere assieme a uno dei grandi palazzinari di Roma, dicono altro. La sua presenza costante e potente non può essere solo l’insaziabile sete di potere di un uomo che aveva vestito la divisa. Ci sono percorsi che hanno un senso solo se si leggono storia e cronaca di questo Paese. Questa costante centralità di Marra nel governo di Roma (con la destra e con la sinistra), l’imprescindibile necessità, quasi un obbligo, della Raggi a metterlo dentro ad ogni costo, mi fanno sentire odor di cappucci.

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In un intreccio politica, pubblica amministrazione, imprenditoria e criminalità organizzata di tipo mafioso di altre realtà, penso al regno di Messina Denaro. Il quadro è inquietante e la storia cammina parallelamente a quella di Roma capitale. La situazione della Capitale è gravissima, emerge il ruolo di un sindaco scelto forse in ragione della sua inadeguatezza. Una sindacatura da “puntellare” con l’uomo degli amici degli amici.

E Roma diventa il passaggio dei passaggi per Grillo. Lui non appare nello stato mentale migliore per capire e reagire. Non capisce che è arrivato al punto che deciderà il suo futuro personale in politica, e quello del suo movimento. Se vuole proseguire, lui deve fare scendere la Raggi dal Campidoglio, con quell’imperio che ha usato in altre occasioni, male. Se lo farà, magari potrà tornare a governare Roma, chissà, forse con una persona non pescata tra tanti vecchi attori del peggiore passato di Roma. Se scavalcherà bene questo passaggio, potrà andare avanti, se non lo farà, perirà.

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