La 'sinistra' rottami Briatore e Marchionne e torni tra la gente

La sconfitta al referendum potrebbe essere un'opportunità per ripensare a una sinistra moderna ma non neo-liberista

Renzi e Marchionne
Renzi e Marchionne
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Gianni Cipriani Modifica articolo

5 Dicembre 2016 - 11.28


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I gufi non erano gufi. Tutt’al più erano Cassandre. E la differenza è sostanziale.
Cassandra – diversamente dall’uso comune errato che qualcuno ne fa – non era una ‘porta-jella’: era la figlia di Priamo re di Troia che aveva il dono della profezia. Ma era stata condannata dagli dei a non essere creduta e ascoltata. Per cui era una donna invisa.
L’errore principale di Renzi dopo l’ubriacatura delle elezioni europee è quella di non aver avuto la capacità politica di distinguere i gufi e le Cassandre creando l’unica categoria dei rema-contro. E come conseguenza aver creduto che la narrazione, la sovraesposizione mediatica e la parlantina potessero oscurare i problemi del paese reale.
Così la tracotanza di aver voluto personalizzare una riforma che apparteneva al Parlamento (come è quella di cambiare la Costituzione) in una battaglia personale ha finito con il modificare senso alla consultazione, diventata un referendum su Renzi.
E ancora nel discorso delle dimissioni, Renzi rivendicava meriti che – purtroppo – non ci sono o che si sono manifestati in misura troppo tiepida.
Il Jobs act? Se i risultati fossero quelli decantati, il premier avrebbe avuto il voto in massa dei giovani (che hanno invece in massa votato no). Perché in questi mille giorni abbiamo assistito ad un aumento dei licenziamenti – visto che la legge lo permette con molta più facilità – ad un aumento della precarizzazione e al fatto che i giovani guadagnano (quando guadagnano) circa il 25% in meno di quanto un loro pari-età  guadagnava nella generazione precedente.
Certo, di mezzo c’è stata la crisi (che non è imputabile a Renzi) ma in questi mille giorni era da ‘gufi’ o da Cassandre dire che inseguendo i Briatore e i Marchionne c’era il rischio di perdere i legami con la propria base elettorale? Quando – per citare papa Francesco – un pastore dovrebbe sentire l’odore delle pecore, un leader di sinistra (o centro-sinistra) dovrebbe ascoltare cosa si dice e come si vive nelle zone popolari più che tagliare nastri e chiudersi nei Palazzi.
Renzi aveva una straordinaria opportunità: quella di modernizzare un paese che ha bisogno di innovazione. Una grande sfida sulla quale pochi si sarebbero opposti. Ha invece scelto la strada del neo-liberismo, che di nuovo e di moderno non ha nulla e che alimenta non raramente le diseguaglianze.
Che fare? Renzi è un leader sconfitto, ma non un leader rottamato dal referendum. Il 40% dei sì è largamente un suo patrimonio personale.
Potrebbe vedere questa sconfitta come una opportunità. Rottamare (questa sì) la categoria dei gufi, ascoltare chi critica e non solo chi loda, riportare la sinistra a fare la sinistra e riprendere con forza la strada della modernizzazione e dell’innovazione, ma nel segno del ‘bene comune’ e come via per ridurre le diseguaglianze sociali. Ma forse queste cose non sono nel suo dna.

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