Fassina spiega i retroscena del Pd allo sbando

Ieri sera l'ex responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ha voluto incontrare gli elettori dopo essere stato contestato in piazza. [Cinzia Gubbini]

Fassina spiega i retroscena del Pd allo sbando
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25 Aprile 2013 - 14.54


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di Cinzia Gubbini

Mi ero preparata con il computer, il telefonino bello carico: tutto perfetto per poter fare delle belle riprese a quella che – immaginavo – sarebbe stata una grande e partecipata assemblea con il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina. Mica uno qualunque, in questo Pd allo sfascio: Fassina è il braccio destro di Bersani. E, diciamo la verità, uno che – nonostante gli studi bocconiani – qualche volta dice cose di sinistra. L’unico che ha ha censurato le politiche di Monti: e infatti Monti non lo vuole vedere neanche dipinto. Ciò basta per renderselo simpatico. Ma c’è di più. L’altro giorno, dopo che il parlamento aveva deciso per l’incoronazione di re Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica, il giovane Fassina aveva subito l’onta: inseguito, insultato con lancio di qualche monetina sotto a Montecitorio dalle persone che stazionavano fuori dal Palazzo, sognando l’insurrezione. Si vedeva dalla faccia, quella sera: Fassina c’era rimasto proprio male. Non è abituato. Tuttavia la risposta è stata apprezzabile: post su Facebook per invitare i contestatori a parlare “civilmente”. Appuntamento ore 18 negli uffici parlamentari di via del Vicario.

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Occasione stra-ghiottissima, ho pensato. Mi ero già preparata la domanda, quella che strabocca ancora, dopo giorni, dal cuore di molti elettori del centrosinistra: ma perché Rodotà no? Ditecelo! Domanda di riserva: ma Bersani ha preso una botta in testa?

Arrivo nella sala Aldo Moro e…imbarazzo: siamo in undici. Fassina è il dodicesimo. Ma insomma: dove sono i contestatori, e in generale gli elettori del centrosinistra? Boh, la furia è già svanita? Oppure parlare con Fassina è inutile? Beh, vi sbagliate: stare per due ore a discutere di politica con Fassina e con belle teste della base Pd è un’esperienza corroborante. Mica perché risolvi la situazione. Ma perché, che cavolo: c’è vita su Marte, il pianeta rosso (rossiccio).

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Quindi entri nella stanza, dici “ops!” e Fassina ti dice “ciao”. Bene: vuole ascoltarci tutti. “Parlate, vorrei sapere che ne pensate”. Uau, ok, mo’ te lo dico.

Premessa: lo so, non è una sorpresa, ma tra le undici persone accorse per chiarirsi le idee c’erano almeno tre-quattro posizioni differenti. Insomma, tanto per dire che il problema è anche un pochetto nel manico. Non posizioni inconciliabili, ma diciamo così, di approccio al problema. Esempio: se tutti vogliono sapere chi sono i 101 “franchi tiratori” – come ha detto giustamente un ragazzo “mica per appenderli, ma per capire quali sono le loro posizioni politiche” – qualcuno pensa che sia stato giusto non votare Rodotà, o perché tanto non sarebbe passato, o perché il nome del professore è stato vissuto come una trappola da parte dei Cinque Stelle. I quali, se qualcuno li reputa interessanti e pensa che non aver colto l’occasione per provare a governare insieme sia stato un grosso errore, altri li considerano del tutto inaffidabili: “Fanno solo manipolazione”.

Già questa, considerando che il Movimento 5 Stelle era una delle uniche due possibili opzioni per governare, come si capirà non è una differenza marginale. E da lì, però, pure il sospetto (generalizzato): ma quando avete pensato al nome di Franco Marini come possibile presidente della Repubblica, lo avete fatto già contando sul governo delle larghe intese? (Anticipo: Fassina giura di no). E ancora, per andare proprio al fondo della questione: siamo sull’orlo della scissione del Pd? Sarebbe una cosa auspicabile? Anche qui, c’è chi pensa che tutto sommato, per quanto sia doloroso, questa implosione ha dimostrato l’incompatibilità delle “due anime del partito”, e chi invece assicura che la base vuole l’unità del partito e non accetterebbe mai una scissione. Unica cosa che trova tutti d’accordo: no, Berlusconi no! Con conseguente gravissima preoccupazione circa il governo che Enrico Letta cercherà di formare. Metà Pd, metà Pdl “capisco il problema, ma la prossima volta non posso garantire il voto di mia moglie”, ha detto un elettore.

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I problemi sollevati sono stati più o meno questi, oltre a chiedere a Fassina una dettagliata ricostruzione dei cinque scrutini per il presidente della Repubblica più incasinati della storia.

Lui ha cominciato dicendo che gli piaceva quella discussione “franca”. Il suo discorso è stato più o meno questo: “Intanto è stato un momento della storia Repubblicana difficilissimo: parlamento diviso in tre, rinnovo del presidente della Repubblica contestuale alle elezioni, crisi sociale e economica gravissima. Vi assicuro che non è stato facile, anche se la prova che abbiamo dato è stato certamente inferiore alle aspettative. Il problema? Semplice. Le elezioni non le abbiamo vinte. Perché? Perché abbiamo sbagliato il messaggio: ci siamo presentati come la forza della responsabilità, quelli che hanno appoggiato Monti. Pensavamo che il nostro elettorato avrebbe capito, non abbiamo capito noi, invece, che metà dei nostri elettori ci rimproverava quella scelta (brusio in sala: complimenti!). A quel punto, viste le forze in parlamento, Bersani era convinto, ma ve lo dico sinceramente, che la scelta più giusta per il paese fosse tentare un governo di scopo con i Cinque Stelle. Ci siamo avvicinati a loro con estrema sincerità, senza nessun tipo di disegno occulto. Ma quello che abbiamo trovato è stato un messaggio chiarissimo: a noi, in questo momento, non interessa costruire, ma solo provare a distruggere da dentro questo sistema. Ce lo hanno detto chiaramente: non c’erano vie d’uscita da quella parte. Abbiamo allora affrontato l’altro corno del problema. Il fatto che in questo paese Berlusconi ha ancora 10 milioni di voti: ci piaccia o no, sono voti di italiani, e non si possono ignorare. La linea di Bersani è stata chiara, espressa nella direzione e votata: bisogna andare verso una uscita concordata dalla seconda Repubblica. Se il paese continua in questa contrapposizione da guerra civile, non ce la faremo mai, resteremo bloccati a vita e abbiamo già perso troppo tempo. Quindi: sì a un nome condiviso per il presidente della Repubblica e a un confronto su come modificare la seconda parte della Costituzione. No a un governo politico con il Pdl, perché le nostre ricette sono incompatibili. Questa era la nostra posizione, chiarissima, esplicita (tutti: non siete mai espliciti, per la verità, i problemi di comunicazione sono praticamente congeniti). A quel punto si è trattato di parlare con Berlusconi del presidente della Repubblica. Siamo stati noi a pensare al nome di Franco Marini: ci è sembrata una persona degnissima, viene dal mondo del lavoro, sindacalista, uno che ha spaccato i Popolari per fondare il Pd. Che cos’ha che non va Marini?”.

E lì tra gli altri sono intervenuta pure io: “Ma come che cos’ha che non va Marini! Ma è un nome della nomenklatura! Ma la gente si aspetta ben altro scusate!”. Fassina: “Non abbiamo capito questa avversione della base nei confronti di un nome nobile come quello di Marini, e aggiungo che sono sicuro che il problema è stato averlo annunciato dopo l’incontro con Berlusconi. Scommettiamo che se Marini fosse stato scelto da Sel e Pd sarebbe stata diversa la reazione?”.

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Ora: non voglio negarlo. Si sa che l’elettore del centrosinistra è noto soprattutto per le sue incredibili capacità digerenti. Fatto sta che se stai parlando con Berlusconi e la tua base è sull’orlo del suicidio, dovresti impegnarti a cercare un nome un pio’ più “vicino” al sentire popolare. Ma, come ammesso dallo stesso Fassina, proprio non capiscono perché Marini non abbia queste caratteristiche. In ogni caso, Fassina una cosa l’ha specificata: Bersani ha sbagliato quando, vista la rivolta della sera prima del primo scrutinio al Capranica, non ha fermato tutto. E’ stato un errore decidere di andare avanti”.

In effetti, sì. E arriviamo a Prodi, udite, udite. Tutti, in sala, avrebbero avuto dieci anni di meno se Romano Prodi fosse stato eletto presidente della Repubblica. Invece, è proprio sul suo nome che il Partito ha deciso l’ammutinamento. Ragioni? E, soprattutto, chi? Fassina tace “i nomi non li so”. Obiezione di un elettore: “Scusa, ma non avete neanche usato il metodo democristiano?”. Io: “Cioè?”. L’elettore: “Semplice: segni le schede come ha fatto Sel. Le correnti del partito le conosci: a quelli dici che devono votare R. Prodi, a quegli altri solo ‘Prodi’, a quegli altri ancora ‘Romano Prodi’ e così via. Poi quando si fa la conta più o meno riesci a capire chi ha tradito”. No, non lo hanno fatto. Coro: “Rivogliamo le Frattocchie”.

Detto questo, Fassina va avanti: “Quando abbiamo capito che la base del partito aveva avuto quel tipo di reazione, soprattutto a causa dell’accordo con Berlusconi, abbiamo pensato che l’unico modo per ricompattarci fosse proporre un nome che di per sé significa porsi su una linea opposta” (della serie: sì, infatti, e la linea?). “E lì è successa una cosa gravissima – ha detto Fassina – tutti hanno votato a favore. La mattina alle otto c’è stata una assemblea, che ha riconfermato la decisione. E poi, nel segreto dell’urna, cento persone hanno anteposto i propri interessi personali al partito”. Domanda: quali interessiù? “Vari, personali, di problemi con Prodi”. E di problemi con Bersani? In molti pensano che fosse lui l’obiettivo della rivolta della “carica dei 101”. “Non lo so – dice Fassina – ma so che quando ho parlato di questione morale intendevo questo: se hai un problema, qualsiasi esso sia, lo poni il giorno dopo aver eletto Prodi, non sacrifichi il partito”.

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Ed ecco finalmente il quarto scrutinio: “Ma perché non votare Rodotà? L’unica spiegazione ragionevole che uno si dà è che è troppo una brava persona. Non dite che fosse un candidato dei Cinque Stelle, perché esponenti della sinistra raccoglievano firme da settimane sul nome di Rodotà” (questa è mia). Vi dirò: la spiegazione è pure dignitosa, per quanto espressione di un gravissimo problema dentro a quel partito, e sarà il caso di affrontarlo, prima o poi. “Rodotà, prima di tutto, non avrebbe avuto la maggioranza, non sarebbe passato”, ha detto Fassina. “Eh, ma perché?” “Siamo un partito plurale – ha spiegato – e riconosciamo le nostre molte sensibilità come una forza: il professor Rodotà per le sue posizioni su alcuni temi etici non è il nome adatto per una parte del partito, e mi sembra giusto non proporlo, rispetto quelle posizioni”. Capito? Semplifico: Rodotà è stato affondato dai cattolici. Non sarà tutta tutta la verità, ma ci potete giurare che la ragione è anche questa.

Io lo trovo un punto qualificante del dibattito: la sinistra può rinunciare a un presidente della Repubblica perché è a favore dei matrimoni gay e dell’eutanasia? Bisognerebbe prendere di petto queste questioni. Bisognerebbe. Invece si preferisce tacere.

Ultimo punto: il “governissimo”. Tutti preoccupati, questo è sicuro. Anche se in molti dicono che i problemi del paese sono talmente gravi che bisogna dare delle risposte. Io ho detto: sì ma se continuate a fare politiche di austerity questo paese non ce la fa. Parola di Fassina: “Letta ha detto che il governo non si farà a tutti i costi. Vedremo le condizioni. Io credo che ci siano le possibilità di fare una cosa decente”. Ahi ahi. In ogni caso, si saprà presto. E Fassina ha detto che ci rivediamo. Tenete d’occhio la sua pagina di Facebook. E la prossima volta, per favore, partecipate.

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