Il silente compleanno del governo Monti

Dodici mesi fa Mario Monti si insediava a Palazzo Chigi proveniente da un altro mondo. Parola d'ordine: Senso dello Stato, e distinguo tra famiglia-familismo, partito-partitismo.

Il silente compleanno del governo Monti
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12 Novembre 2012 - 10.58


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Sulla data ufficiale l’inizio dell’avventura Monti esistono calendari diversi e spesso distorti. Sulla Stampa, ad esempio, datano l’era Monti dal 9 novembre, quando per la prima volta lo spread aveeva sfondato quota 500. Il 9 novembre Mario Monti viene nominato senatore a vita e 3 giorni dopo Silvio Berlusconi si dimette. Incarico predestinato (e programmato dal Quirinale) e governo lampo:
tre giorni per la formazione della squadra di governo, una fiducia al Senato da “Si salvi chi può”, con oltre il 90 per cento di Sì ai nuovi tecnici chiamati in sala di rianimazione nazionale. Manco due settimane dopo i primi e dolorosi interventi chirurgici chiamati esplicitamente “Salva Italia”. Riforma delle pensioni, Imu, liberalizzazioni, mercato del lavoro. Bastonate dure sull’esistente rese possibili dalla maggior paura del maledetto Spread che minacciava tutti di bancarotta.

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Duro Natale quello del 2011, e non eravamo neppure all’inizio di un percorso costellato di sacrifici e di delusioni. Il nemico Spread -ad esempio- resiste. La speculazione insiste ma Monti mette in campo una strategia planetaria: recupero di fiducia e immagine dell’Italia del dopo Berlusconi con Obama, Merkel e Sarkozy. La stampa internazionale che aveva relegato l’Italia nella pagine delle caricature e del gossip grassoccio, scopre il poliglotta Monti e lo esalta. Alcuni titoli ricordati da La Stampa: «Il leader più importante d’Europa» (Financial Times); «Ha cambiato la politica europea » (Economist); «Se Monti fosse francese…» (Figaro). Qualche esagerazione, ma il confronto col governo precedente dà a Monti un vantaggio inversamente proporzionale allo Spread che, purtroppo, continua ad assediare l’economia italiana. Ora i conti pubblici vanno verso il pareggio ma il Paese è in piena recessione e il lavoro, quando non è minacciato è precario.

La partita anti speculativa sullo spread viene vinta -parzialmente- a metà estate, grazie anche al Governatore della Bce Mario Draghi, con la disponibilità ad acquisti illimitati di titoli di Stato. Monti decide che siano alla fase 3 dell’emergenza: “Consolidamento”. Tentativo di provvedimenti non sempre riusciti sulla riduzione delle Province, legge anti-corruzione, presidente e direttore Rai, tagli ai costi della politica, e infine il bilancio 2013 con la legge di stabilità. Alcuni in itinere ancora oggi, altri fortemente condizionati dalle modifiche parlamentari. A mettere i bastoni tra le ruote, quando non ci pensa la politica degli interessi di parte, ci mette di suo la burocrazia che, ad esempio, sul numero reale di esodati da tutelare, più che certezze spara indovinelli. Facendo saltare quell’assaggio di riduzione dell’Irpef che serviva alla campagna elettorale dei partiti che lo sostengono.

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Il Montismo è anche stile di comunicazione, osserva Ilvo Diamanti. Aristocrazia Democratica. Decreta la fine del berlusconismo, ma un po’ la nostalgia della Prima Repubblica. Fine, dopo quasi vent’anni, del bipolarismo antagonista e intollerante. Come durante i governi guidati dalla Dc. Il Centro che teneva dentro tutto e tutti. «Il Montismo è governo condiviso, non diviso. Fondato su larghissime intese. Perché, la marginalizzazione di Berlusconi – insieme al suo doppio genetico: Di Pietro- ha reso possibile la coabitazione fra i nemici di ieri. In nome del vincolo esterno: dei mercati, delle autorità monetarie e delle istituzioni internazionali. Ma anche sulla spinta della sfiducia dei cittadini. Stanchi di piazzate e di piazzisti al governo». Per questo il consenso di Monti continua ad essere alto, malgrado le sue politiche piacciano sempre di meno. Con una sola alternativa politica reale: M5S. Grillo, come Monti, prodotti dello sfascio del Berlusconismo.

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