Sul manifesto Pd non può parlare Isabella Rauti

La moglie di Alemanno oggi critica. Ma aveva aderito entusiasta alla manifestazione di Ferrara contro il "golpe morale" provocato dal caso Ruby.

Sul manifesto Pd non può parlare Isabella Rauti
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24 Giugno 2011 - 14.21


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Si sono verificate due situazioni comiche nelle ore appena trascorse. La prima è che mentre Berlusconi annaspa, la Lega dà i numeri, la gente non ce la fa più e qualcuno presto potrebbe scendere in piazza con il forcone, a sinistra ci si è accapigliati su due gambe, con una passione tale che nemmeno quando si sciolse il Pci o si organizzarono le manifestazioni in difesa dell’articolo 18.
Ma la cosa ancora più comica è che tale “querelle” sia stata commentata a destra. A cominciare dalla signora Rauti in Alemanno, indignata per l’uso strumentale del corpo delle donne.

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Isabella Rauti? Ma è uno scherzo o cosa? Alessandra Rauti? Quella che il 12 febbraio stava al Teatro Dal Verme di Milano a spellarsi le mani per applaudire Giuliano Ferrara che, in mezzo alle mutande appese, tuonava contro il “golpe morale” perché c’era una inchiesta sul caso Ruby? E’ lei o è una omonima. Perché all’epoca, sempre non si sia trattato di un furto di identità, una tale Rauti Isabella, consigliere regionale del Lazio, spiegava con la mascella volitiva il suo sì alla chiamata alle armi (ossia alle mutande) di Ferrara: “Saremmo disposte a discutere su condotte e comportamenti ma senza ipocrisie, bigottismi laici, e improvvisati pulpiti di chi si arroga il diritto di essere portatore di verità più vicine al moralismo che alla morale, e non lo faremmo comunque sulla scia di giudici, un tempo nemici di ogni tribunale”.

Proviamo a tradurre: bunga bunga sì, gambe no. Festini sì, gonnelline no. Lineare.

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Per questo ha colto nel segno Ileana Argentin nella sua replica alla Rauti: «Non accettiamo lezioni sull’utilizzo strumentale del corpo delle donne da chi ha consentito, senza dire una parola, che la rappresentanza femminile fosse epurata dalla Giunta Alemanno. Non capiamo come possano esponenti del Pdl parlare di manifesti lesivi della dignità femminile e di allusioni se da parte loro, stando ai fatti, hanno cancellato la pur esigua rappresentanza femminile in Giunta nel recente rimpasto di inizio anno. Un manifesto sta dietro ad una Festa, mentre un pregiudizio può determinare un’esclusione».

Hanno messo in lista la D’Addario e non per capacità politiche; il premier ha fatto eleggere Nicole Minetti, quella che gli portava le amichette a casa dicendo al telefono, testuale, “faccio quello che faccio”, hanno trasformato le sedi istituzionali in case d’appuntamento, hanno utilizzato poliziotti e scorte per scarrozzare fanciulle, hanno votato compatti in Parlamento per sostenere che Ruby fosse la nipote di Mubarak.

Negli archivi non c’è traccia di commenti sdegnati della Rauti e della sua camerata di teatro Santanché.

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