L'odissea di una umanità disperata per ottenere l'asilo politico o rinnovare il permesso di soggiorno
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L'odissea di una umanità disperata per ottenere l'asilo politico o rinnovare il permesso di soggiorno

Ecco le difficoltà che si riscontrano nel concreto accesso agli uffici, ostacolato dal numero ridotto di istanze ammesse giornalmente dall’Ufficio Immigrazione, limitate a circa una ventina.

La lunga fila
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27 Marzo 2018 - 10.28


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Il presidio informale nei pressi della stazione Tiburtina, gestito dai volontari dell’Associazione Baobab Experience, negli ultimi mesi ha accolto oltre 600 persone. Qui la Rete legale di supporto ai migranti – A Buon Diritto, Baobab Experience, Consiglio Italiano per i Rifugiati e Radicali Roma – offre un servizio di orientamento e assistenza legale in merito all’accesso alla procedura per la richiesta di protezione internazionale, al rinnovo del permesso di soggiorno e, più in generale, alla risoluzione dei problemi incontrati dai migranti stessi nello svolgimento di queste pratiche. Al fine di puntare l’attenzione su quanto già rilevato nei rapporti precedenti – cui non è seguito in questi mesi alcun miglioramento – la Rete legale, con il supporto dei volontari di Baobab Experience, ha organizzato due giornate di vigilanza e monitoraggio davanti all’ufficio Immigrazione della Questura di Via Patini. L’acuirsi delle cattive prassi implementate dalla Questura di Roma, le lunghe attese e le difficoltà burocratiche continue, hanno comportato in molti casi la decisione da parte dei migranti di non esercitare il proprio diritto a richiedere la protezione internazionale o il rinnovo del proprio documento, rimanendo pertanto nel limbo dell’irregolarità. Quanto osservato durante le giornate di vigilanza e le testimonianze ivi raccolte confermano il critico quadro già descritto e segnalato dal team legale negli ultimi due anni. Più in generale, le difficoltà si riscontrano nel concreto accesso agli uffici, ostacolato dal numero ridotto di istanze ammesse giornalmente dall’Ufficio Immigrazione, limitate a circa una ventina. Quest’ultimo aspetto costringe pertanto i richiedenti asilo, siano essi uomini o donne con bambini, a trascorrere la notte in fila davanti gli uffici della Questura, con qualsiasi condizione meteorologica, come testimoniato dalle nostre riprese. Si è poi riscontrata l’illegittimità di alcune prassi: la richiesta da parte degli uffici, nel caso di rinnovo del permesso di soggiorno e del titolo di viaggio, dell’iscrizione anagrafica all’albo della popolazione residente, e la richiesta del passaporto e del domicilio, nel caso della domanda di protezione internazionale. La problematica relativa al domicilio rimane costante da mesi: secondo la prassi adottata dalla Questura di Roma non si può accedere alla richiesta di protezione internazionale in assenza di una dichiarazione di domicilio, ovvero di una abitazione stabile. Come è noto a coloro che si occupano di tutela dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati a Roma, i funzionari dell’Ufficio Immigrazione richiedono a chi si presenta presso lo Sportello Profughi un documento riportante l’indirizzo presso il quale si intende fissare il proprio domicilio, per poter dare inizio alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale. Non sembra essere sufficiente a tal fine un’autocertificazione del richiedente, ma occorre esibire una dichiarazione di un privato (c.d. “cessione di fabbricato”) o, alternativamente, un certificato rilasciato dal centro di accoglienza dove si è accolti (c.d. “dichiarazione di ospitalità”). Chi non è in possesso di tale certificazione viene invitato a presentarsi in Questura in un momento successivo, spesso senza aver compreso di che problema si tratti. Questi appuntamenti in pratica vengono reiterati di continuo, senza riuscire a trovare una soluzione. È evidente la difficoltà per un richiedente che è al di fuori dei circuiti di accoglienza di poter superare tale ostacolo. È bene far presente che la normativa (d. lgs n. 25/2008, e successivamente d. lgs n. 142/2015) non prescrive nessuna formalità sulla comunicazione del domicilio, che quindi potrebbe essere assolta tramite autocertificazione redatta dal richiedente. Quanto alla richiesta del passaporto o, in alternativa, della denuncia di smarrimento o di furto dello stesso, che ricordiamo è un obbligo non previsto dalla legge. Se si considera che la maggior parte dei soggetti intenzionati a richiedere asilo non ha mai posseduto il passaporto oppure non è stato in grado di portarlo con sé al momento della fuga, lo ha smarrito o gli è stato rubato durante una delle tappe del viaggio, tale atteggiamento da parte della Questura di fatto limita ingiustificatamente il diritto a chiedere protezione. Se le criticità rimangono costanti, rimangono forti anche le preoccupazioni delle associazioni della rete. Né alla richiesta ripetuta di incontrare i responsabili della questura e della prefettura, è ancora giunta alcuna risposta. Alla luce di quanto emerso e confermato dalle giornate di osservazione e monitoraggio che qui si riportano, la Rete Legale raccomanda nuovamente alle competenti autorità di intervenire affinché le procedure rispettino i diritti garantiti dalla normativa nazionale e internazionale e la dignità umana.

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